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La festa dei Santi e di tutti i fedeli defunti

Posté par atempodiblog le 30 octobre 2010

La festa dei Santi e di tutti i fedeli defunti dans Fede, morale e teologia tuttiisanti

La festa di tutti i santi ci apre la prospettiva del cielo, che è la meta a cui dobbiamo tendere. Là ci attende la moltitudine immensa dei santi che lodano Dio nella pace e nella gioia senza fine. Là ritroveremo anche tante persone care con le quali abbiamo condiviso la vita qui sulla terra.
La celebrazione di tutti i fedeli defunti è un invito alla preghiera per le anime che si trovano in purgatorio, e alle quali possiamo affrettare l’ingresso in paradiso. Si tratta di una grande carità che dobbiamo esercitare verso i nostri cari e le anime più abbandonate, per le quali nessuno prega.

In questi giorni abbiamo anche la possibilità di applicare ad una di queste anime l’indulgenza plenaria a queste condizioni:
-Confessione e Comunione, con l’animo distaccato da ogni peccato, anche veniale, come per ogni indulgenza plenaria;
- Dal 1 al 8 novembre, visita al cimitero e preghiera per i defunti;
-Da mezzogiorno del 1 fino a tutto il 2 novembre visitare una Chiesa, recitando il Credo, il Padre nostro e una preghiera per l’intenzione del Santo Padre (ad esempio un Pater, Ave e Gloria).

Che la partecipazione alle celebrazioni liturgiche di questi giorni rafforzi la nostra fede nella vita eterna e il nostro impegno per conseguirla.

commemorazionedituttiif dans Festa dei Santi e commemorazione dei fedeli defunti

Il male fisico e morale, col suo suggello, la morte, sono il macigno sotto il quale l’umanità geme e che non riuscirà mai a rimuovere con le sue forze. Invano le varie religioni, filosofie e ideologie ci hanno provato. Tutti gli uomini hanno fallito, eccetto uno.
Gesù Cristo è l’unico che ha vinto, risorgendo glorioso a vita immortale. Egli è vivo, pieno di grazia e di verità. Egli è l’unica speranza dell’umanità. Guardando a Lui vediamo il nostro destino futuro.
Non possiamo guardare al nostro futuro come la maggior parte dei nostri contemporanei, rassegnati a morire come gli animali. L’ultima parola non sarà un paio di badilate di terra. In questa prospettiva la vita non avrebbe nessun valore.
Noi cristiani guardiamo alla vita come a un cammino verso l’eternità. Il Cielo è la meta a cui tendiamo. Là ci attendono coloro che hanno già varcato vittoriosi i confini di questo mondo caduco. Noi guardiamo alla morte senza paura, perchè è l’ingresso nella vita che non ha fine.
Cristo risorto e glorioso è la nostra certezza e la Vergine Maria Assunta in Cielo, ma presente in mezzo a noi con le sue apparizioni, ci dischiude un futuro di luce e di gioia.
Le feste di novembre ci ricordano che siamo immortali e che è nel tempo della vita che si decide dell’eternità.

di Padre Livio Fanzaga

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L’offensiva cattolica anti Halloween

Posté par atempodiblog le 28 octobre 2010

Il sito dei papaboys crea «Holyween». Il capo dei vescovi organizza un itinerario cristiano
Marce, dolcetti, chiese aperte di notte per la festa. «Esponete i Padre Pio»
di Gian Guido Vecchi – Corriere della Sera

L'offensiva cattolica anti Halloween dans Fede, morale e teologia HOLY-WEEN

Treats or tricks, dolcetti o dispetti? E sabba da discoteca, vestiti da menagramo, zucche ghignanti. C’è chi, come il compianto vescovo Alessandro Maggiolini, con saggezza gastronomica osservava che «le zucche sono buone per farci i tortelli». Il cardinale Carlo Maria Martini fu tra i primi, anni fa, a notare desolato che «questo tipo di feste è estraneo alla nostra tradizione, a valori immensi come il culto dei defunti che apre la speranza all’eternità». Il più duro è stato il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, nel pieno della polemica sui crocifissi nelle scuole: «L’Europa del terzo millennio ci lascia solo le zucche e ci toglie i simboli più cari! No, Halloween non mi piace per niente, anche se arrivo dalle parti di Vercelli e mi piacciono i Celti…».

Festa pagana, festa consumistica, festa aliena: no, decisamente alla Chiesa non è mai piaciuto quel carnevale lugubre alla vigilia («Eve») di Ognissanti(«All Hallows»). Eppure non tutti i dispetti vengono per nuocere. Con buona pace dei rosarioni «riparatori» organizzati ogni anno contro «il capodanno di Satana» – secondo la sobria definizione del Gruppo di ricerca sulle sette di Imola – si fa strada l’idea che le zucche, tutto sommato, abbiano funzionato come «una provocazione provvidenziale», sorride monsignor Domenico Pompili, portavoce della Cei.

Così a Genova, dov’è arcivescovo il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, il Museo della diocesi ha ideato per sabato un itinerario nel centro storico alla riscoperta delle tradizioni, dal Chiostro dei Morti alle raffigurazioni pittoriche dei santi, con tanto di dolcetti autorizzati dalla nostra storia: come le «fave dei morti» fatte con pasta di mandorle, vaniglia e cioccolato. E intanto i «papaboys» del progetto «Sentinelle del mattino» (sentinelledelmattino.org), creato da don Andrea Brugnoli, hanno lanciato via Internet e Twitter la festa di «Holyween», la notte dei santi: la sera del 31 ottobre, alla faccia di «streghe e zombie», invitano parrocchie e cittadini a esporre alle finestre le immagini di santi e beati, da Padre Pio a Madre Teresa e Chiara Badano. Parteciperanno almeno trenta città, da Torino a Palermo, e in comuni come Pordenone, Ravenna, Padova e Città di Castello una chiesa rimarrà aperta nella notte. Tra l’altro la mattina dell’1 novembre, a Roma, si corre la terza edizione della «Corsa dei santi», maratona benefica organizzata dai salesiani.

Non cambia il giudizio su Halloween, insomma, ma la strategia. «Dalla fase di critica si è passati a iniziative per riscoprire il significato di Ognissanti», spiega monsignor Pompili. «Del resto, la memoria dei defunti riceve significato dalla festa dei santi che la precede: nulla di triste o lugubre, perché i morti sono coloro che ci hanno preceduto nel cammino verso la vita eterna…».

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Halloween, ecco la verità

Posté par atempodiblog le 25 octobre 2010

«Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; piuttosto denunciatele»
(Lettera agli Efesini 5,11)

Halloween, ecco la verità dans Halloween No-Halloween

HALLOWEEN, ECCO LA VERITA’
Mentre le celebrazioni religiose cristiane dei defunti e dei Santi hanno lo scopo di farci meditare sulla permanenza temporanea in questo mondo e di riavvicinarci alla comunione con i defunti con lo scopo di pregare per alleviare la loro permanenza e sofferenza nel Purgatorio e di venerare i Santi (per noi esempio di come deve essere vissuto il Vangelo), halloween, al contrario, è estranea a questo contesto di preghiera ed inserisce i partecipanti in una atmosfera pagana. Molti, prendono “dimestichezza” con l’horror e le streghe in modo da non più temere tali prodotti infernali.

Intanto… “ il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza(Osea 4,6)

Halloween, è la festa delle streghe, (così infatti è conosciuta oltreoceano) nonostante non lo i dica, è una ricorrenza esoterica (di fatto l’esoterismo è esercitare potere, in modo occulto, nei confronti di qualcuno…). Il mondo esoterico così lo definisce: è il giorno più magico dell’anno, è il capodanno di tutto il mondo esoterico; è la festa più importante dell’anno per i seguaci di satana”.

La Bibbia invece afferma: “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro”. (Isaia 5,20)

Genitori stiamo attenti a permettere che i nostri bambini si abituino o, ancor peggio, si educhino all’occulto.
Insegnanti informiamoci delle verità nascoste dietro alla macabra creatività, potremmo scandalizzare, a nostra e a loro insaputa, gli alunni che ci stanno davanti. Certe filastrocche
che i bambini devono imparare sono evocazioni dello spirito di morte.
Giovani e meno giovani siamo accorti a non avvinghiarci al mondo esoterico attraverso i rituali di massa che, nelle feste come quelle dedicate a halloween, ci vengono proposti.
Alcuni balli di gruppo sono rituali di iniziazione satanica.
Commercianti e venditori abbiamo il coraggio di dire no a promuovere articoli che, dietro l’apparenza della mascherata, diffondono e creano mentalità esoterica. Molti oggetti venduti tra i prodotti di consumo sono amuleti, o loro riproduzione, usati nelle pratiche di
stregoneria.
Cristiani non lasciamoci fuorviare da apparenti tradizioni e mode ma teniamo alta la
vittoria che ha sconfitto il mondo, la nostra fede (cf 1Giovanni 5,4).

Se pensiamo a case stregate, pipistrelli, gatti neri, spiriti, la luna piena, streghe, fantasmi… sono simboli usati nel mondo dell’occulto che hanno trovato posto naturale nella festa di Halloween, ma anche per il loro denominatore comune che è la paura che incutono. Ma
“Dio non ci ha dato uno spirito di paura, ma uno spirito di forza, di amore e disciplina”
(2a lettera di San Paolo a Timoteo 1,7)

Se sono un cristiano e se amo il Signore, non posso permettermi di partecipare ad una festa in cui il Signore Gesù non ha posto, anzi, che va contro la Sua volontà.

Tratto da: Radio Maria
Fonte: GENITORI CATTOLICI

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Essere veri missionari

Posté par atempodiblog le 24 octobre 2010

Essere veri missionari dans Madre Elvira Petrozzi suorelvira

Essere veri missionari significa innanzitutto “ripetere” Gesù.
Il vero, grande missionario del Padre è stato Lui: si è scomodato, ha lasciato la sua natura divina e si è rivestito della nostra povera natura umana soffrendo esattamente come noi il sonno, la fame, la persecuzione, le umiliazioni…
Dobbiamo prima di tutto credere a quella sorgente di Amore e di Vita che è Gesù di Nazaret. Lui ha dato se stesso per noi e lo ha fatto con libertà, con gioia, con coraggio, con tanto Amore.
E noi ora possiamo attingere alla sua vita per donare la nostra a tutti quelli che incontriamo.
Tutti allora siamo chiamati a vivere la missione, questo grandioso ed affascinante viaggio per uscire da noi stessi, il viaggio del dono di sé per Amore. C’è qualcuno infatti che pensa che essere missionari significhi soltanto partire per andare in terre lontane ad aiutare i più poveri, ma in realtà questa è soltanto una scusa; mentiamo a noi stessi e agli altri, rimanendo chiusi nei nostri egoismi, nelle nostre paure, nei nostri pensieri. Così facciamo il bene soltanto quando ne abbiamo in cambio una gratificazione personale, ma questo è un grande fallimento, è sminuire la nostra umanità con tutti i doni che Dio le ha fatto.
Aiutiamo invece il nostro prossimo preoccupandoci non soltanto di quello che facciamo, ma soprattutto di quello che siamo. Essere missionari significa entrare in noi stessi, scoprire la nostra vita, viverla in pienezza e donarla con Amore e per Amore, con tenerezza, con pazienza, con gioia, con coraggio, con entusiasmo e con nel cuore la certezza che, così, di vite ne ritroveremo cento, mille… perché lo ha promesso Gesù.
L’uomo quando conta soltanto sulle proprie forze non è capace di questo amore gratuito e disinteressato ed è per questo che essere veri missionari significa “avere i calli alle ginocchia”, mettere al centro della propria esistenza la preghiera, il dialogo con Gesù.
Vogliamo essere missionari che affidano se stessi ed il proprio operato alla Vergine Maria: colei che ha saputo formare ed educare, amare e servire, proteggere e difendere Suo Figlio Gesù, il primo e vero Missionario. A Lei, Regina delle Missioni, chiediamo di intercedere per la nostra Madre Chiesa e per la sua missione universale nel mondo di oggi.

di Suor Elvira Petrozzi . Comunità Cenacolo

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Non affidarsi agli uomini

Posté par atempodiblog le 24 octobre 2010

Non affidarsi agli uomini dans Citazioni, frasi e pensieri abbracciot

« Non dobbiamo far molto conto sull’uomo, debole e mortale, anche se si tratta di persona che ci è preziosa e cara; né dobbiamo troppo rattristarci se talvolta ci combatte e ci contrasta. Quelli che oggi sono con te, domani si possono mettere contro di te; spesso si voltano come il vento ».

Imitazione di Cristo

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Dopo la morte, la vita. Per tutti i popoli

Posté par atempodiblog le 23 octobre 2010

Non solo Celti, Etruschi, Germani: la credenza nell’aldilà esiste dalla preistoria
di Julien Ries - Corriere della sera

Dopo la morte, la vita. Per tutti i popoli dans Articoli di Giornali e News julienries

Le prime tombe, apparse verso il 90.000 a.C., e la grande quantità di tombe dell’uomo di Neanderthal, a partire dall’80.000 a.C., mostrano che nella preistoria i vivi credevano a una sopravvivenza dei loro defunti, dal momento che le tombe contenevano tracce di alimenti e di utensili destinati ad essere usati dai defunti inumati. A questo, a partire dal Paleolitico Superiore (40.000 a.C.), si aggiunse un trattamento speciale del corpo del defunto, che veniva coperto di ocra rossa, simbolo del sangue e dunque della vita, con una particolare cura della testa e l’applicazione di conchiglie nelle orbite oculari, segni di una nuova visione, e strumenti sempre più numerosi accanto al corpo del defunto, il che sta a indicare che non si doveva entrare nell’aldilà privi di bagagli. Verso il 10.000 a.C., all’apparizione dei primi villaggi, vicini ai centri abitati troviamo dei cimiteri, segni di un legame tra i vivi e i morti. Volgiamo lo sguardo alle antiche popolazioni indoeuropee, gli Etruschi, i Celti e i Germani. Provenienti dall’Asia Minore, le popolazioni etrusche si fissarono in Toscana. Quando i Romani avevano appena iniziato a familiarizzarsi con la scrittura, gli Etruschi erano già in possesso di un alfabeto, ereditato dai Greci. Per quanto riguarda il mondo dei defunti, disponiamo di numerose pitture che ornano le pareti delle camere funebri: scene di caccia, di gioco, banchetti e danze. Non va trascurata poi la sontuosità delle tombe, a partire dall’VIII secolo a.C. vere e proprie dimore funebri. Vi sono stati trovati una grande quantità di suppellettili e una ricca gamma di utensili domestici. La tomba è costruita a immagine della casa: è la residenza del defunto. Il tema del viaggio verso l’aldilà rende ragione del gran numero di scene rappresentate sulle urne funerarie e sui sarcofagi ritrovati dagli archeologi. I Celti occuparono la Germania meridionale, la Gallia, la Gran Bretagna, l’Irlanda, l’Italia settentrionale e la Spagna. La loro culla è l’Europa centrale e occidentale: si tratta di un miscuglio di razze che adotta diversi dialetti indoeuropei. Attualmente si è capito che il mondo celtico era in possesso di una religione popolare, ma anche di una religione delle classi superiori, i druidi e i cavalieri. Le testimonianze dell’antichità mettono in evidenza l’importanza della credenza druidica nell’immortalità dell’anima. La loro competenza religiosa, poetica e sacerdotale faceva dei druidi, nella società, il corpo di saggi contrapposto al corpo guerriero. I druidi erano i mediatori tra gli uomini e il mondo soprannaturale. Il paradiso celtico, chiamato Sid in Irlanda, è «un tumulo soprannaturale», un mondo meraviglioso in cui i defunti conducono un’esistenza paradisiaca. Un paradiso situato ad est dell’Irlanda, oltre il sole calante. Tutto è bello, giovane, affascinante e puro. I messaggeri dell’altro mondo vengono a cercare i defunti e li introducono in questo mondo meraviglioso: vi si sente una musica dolcissima, vi si consumano cibi succulenti, vi si bevono idromele e vino. Il Sid è un mondo perfetto, uscito dalla mediazione e dall’insegnamento dei druidi, un luogo di felicità e di pace. Un elemento importante scoperto nelle tombe galliche è l’uovo rotto, simbolo della vita. È legato alla genesi del mondo e rappresenta il rinnovamento periodico del cosmo. In alcune regioni d’Irlanda, nella tomba venivano gettate delle lettere ai defunti. Colpisce l’ottimismo dell’escatologia celtica.
Diversi elementi spiegano questo fenomeno: la grande prosperità della società grazie alla metallurgia, l’influsso della civiltà greca, una classe sacerdotale composta da druidi, da bardi specialisti del canto e della poesia e da indovini (vate) delegati alla divinazione e all’arte della natura, così come la dottrina dell’immortalità dell’anima trasmessa dalla tradizione druidica. Gli antichi Germani e Scandinavi sono molto diversi dai Celti. Georges Dumézil ha mostrato che la funzione sacerdotale, quella del sacro, fu relegata al secondo posto dalla funzione guerriera, impostasi grazie al dio Odino-Wotan, l’arbitro dei combattimenti. Da qui l’esaltazione della violenza, che si trova all’origine del pessimismo. A questo si aggiunge la nozione di destino, elemento centrale della religione germanica. Il destino, gaefa-gifta, è un dono iniziale da svilupparsi con l’eroismo. La hamingja è la forma che assume il destino quando si lega a una famiglia.

Il Germano non è mai solo: fa parte di una Sippe, un clan. Dal 3500 a.C. sono presenti le tombe megalitiche, i dolmen, tombe delle Sippe e dei capi. Con la cremazione prendono forma i campi di urne. Durante il periodo delle tombe megalitiche i vivi portavano le offerte vicino alle tombe,accendendovi dei fuochi. Immediatamente dopo la morte vengono chiusi la bocca, gli occhi e le narici del defunto e lo si interra in un punto dal quale può vedere la sua casa e i paesaggi che gli sono familiari. Nella tomba vengono messi gli oggetti di cui il defunto deve disporre nell’aldilà. I Germani temevano il ritorno dei defunti. Al momento dei funerali si faceva uscire il cadavere dalla casa attraverso un’apertura che veniva subito richiusa, in modo che non ritrovasse, eventualmente, il cammino del ritorno. Nell’altro mondo ci sono due possibili luoghi di soggiorno. Il primo è chiamato Hel, Halja in gotico. È una valle glaciale, dominata dal freddo e da torrenti e protetta da enormi porte e bastioni. L’altro luogo di soggiorno è il Valhalla o Valhöll, zona riservata a coloro che sono stati prescelti dal dio Odino, vale a dire i guerrieri caduti in battaglia e tutti coloro che sono morti durante un atto eroico. Sono chiamati einherjar, eroi d’élite. Godono di un soggiorno piacevole, facendo combattimenti quotidiani nei quali non vi sono feriti e banchetti con bevute di idromele sacro presentato dalle Valchirie, le divine assistenti dei dio Odino. I guerrieri si nutrono di carne di cinghiale. Dodici stanze del Valhalla sono riservate agli dei, con cui gli eroi passeranno l’eternità. C’è poi la prateria di Odino, Oddinsakr, il campo degli immortali, di coloro che godono dell’immortalità: per loro non esiste né malattia né vecchiaia né morte. Una vegetazione d’oro copre la prateria e un brillante sole la illumina: il verde della prateria simboleggia la vita, mentre il giallo è il segno indoeuropeo dell’immortalità.

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Pratica dell’amor del prossimo.

Posté par atempodiblog le 19 octobre 2010

Pratica dell'amor del prossimo. dans Citazioni, frasi e pensieri sanpaolodellacroce

Guardare il prossimo in Dio.
Guardate il prossimo nel Costato di Gesù: così l’amerete con amor puro e santo (I, 437).
Amiamo il prossimo in Dio: amiamo Dio nel prossimo (I, 327).

Carità con tutti.
Siate caritatevoli con tutti (II, 446).
Carità con tutti; intrinsichezza con nes­suno (II, 7; III, 610).
Siate caritativi egualmente con tutti; ma vivete distaccati da ogni creatura (III, 342).
Sopra ogni cosa fate risplendere in voi la santa carità, con amarvi scambievolmente (II, 323).
Date il primo posto all’anima: così ri­ chiede la carità ben ordinata (II, 649).

Pensar bene di tutti.
Pensate bene di tutti guardandoli con grande carità in Dio, e riconoscendo voi soli per cattivi, duri e imperfetti (I, 309).
Abbiate buon concetto di tutti e pessimo soltanto di voi stessi (III, 392).
Attendete a voi stessi e non mirate alla condotta degli altri se non per edificarvi (IV, 28).
Siate semplici come bambini, giudicando tutto in buona parte, e scusando tutti con buona intenzione, attribuendo ad effetto di tentazione ciò che pare contrario (I, 309).
La peste delle comunità religiose è il voler giudicare le azioni degli altri, perdendo di vista le proprie (IV, 227).

Parlar bene di tutti.
Per conservare e aumentare la santa carità, si deve parlar sempre bene di tutti (IV, 209).
Oh che gran gusto si da a Dio, e che merito grande si acquista per se stessi col guardarsi dalle parole incaute, pungitive e mortificanti! (II, 65).
Non siate affettati nelle espressioni e nelle convenienze: siate caritatevoli e dolci, ma oum cantate et maturìtate (II, 65).

Compatirsi e aiutarsi a vicenda.
Sappiatevi compatire e aiutare nei vola santa carità, compatendovi e aiutandovi nei vostri bisogni (II, 323).
Servite volentieri gli altri: esercitate la carità per tutti, che Dio vi tiene preparati grandi tesori (I, 490).
Siate pieghevoli, servitevi gli uni gli altri, consolatevi insieme (I, 57).
Esercitatevi nella vera carità, supportantes invicem, compatendovi e aiutandovi gli uni gli altri (IV, 268).
Oh quanto godo che si eserciti la carità con i poveri infermi ! Quanta ricchezza spirituale ve ne darà Iddio! (I, 484).
È grande grazia del Signore poter esercitare grande carità verso le persone contrarie, riguardandole come strumenti nobilissimi di cui si serve Iddio per arricchire l’anima vostra di virtù (II, 296).

Scacciare le avversioni.
Scacciate dolcemente le avversioni, con mostrarvi cordiali, facendo nel tempstesso qualche atto interno di carità (I, 107).
La vera carità esclude il risentimento, ed include il nostro profitto nel nostro disprezzo (II, 65).
Procedete verso di tutti con vero spirito di carità, e mansuetudine (II, 324).
Lo spirito dei servi dell’Altissimo è sempre stato l’essere discretamente rigo­rosi con se stessi, ma al sommo caritativi e dolci col prossimo (I, 650).
Non sia mai tra voi alcuna dissenzione, e se qualche volta dite qualche parola, aspra, mitigatevi presto, e non lasciate pigliar possesso del vostro cuore allo sde­gno (I, 57).

Avvisi e correzioni.
Siate prudenti nel fare le correzioni (II, 620).
Le correzioni si devono fare a tempo e luogo (I, 633).
Le correzioni devono esser dolci, brevi e non importune (I, 633).
Nelle correzioni deve sempre risplen­dere cordialità e dolcezza; aliter in cambio di medicare una piaga se ne fanno dieci (III, 440).
Gli avvisi dati con dolcezza guariscono ogni piaga; quelli dati con asprezza in cambio di guarirne una ne fanno dieci (III, 446).

Fonte: paolodellacroce.altervista.org

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Al chiarore discreto della presenza di Dio

Posté par atempodiblog le 16 octobre 2010

Al chiarore discreto della presenza di Dio dans Citazioni, frasi e pensieri cuoreb

« Dio si nasconde, ma non in un’oscurità di una notte in cui non vi è traccia alcuna della sua esistenza. Egli si occulta come il sole dietro le nuvole. I tuoi occhi non lo vedono, ma tu sai che c’e’ e cammini sicuro al chiarore discreto della Sua presenza ».

Padre Livio Fanzaga

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Fidarsi di Dio in ogni circostanza

Posté par atempodiblog le 15 octobre 2010

Fidarsi di Dio in ogni circostanza, anche nelle avversità. Una preghiera di santa Teresa di Gesù esprime ciò mirabilmente:

Fidarsi di Dio in ogni circostanza dans Citazioni, frasi e pensieri avilav

« Niente ti turbi, niente ti spaventi.
Tutto passa, Dio non cambia.
La pazienza ottiene tutto.
Chi ha Dio non manca di nulla.
Dio solo basta ».

Catechismo della Chiesa Cattolica

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Folle idea di fare un mondo perfetto

Posté par atempodiblog le 11 octobre 2010

Viaggio alle origini del totalitarismo delle virtù rovesciate
di Benedetta Frigerio – Tempi

Folle idea di fare un mondo perfetto dans Articoli di Giornali e News mondo

Nel 2006 un cristiano evangelico, Stephen Green, fu arrestato per aver volantinato a una manifestazione gay. Nel 2009 il titolo di Miss Usa fu tolto a Carrie Perjean per aver detto che il matrimonio dovrebbe essere tra uomo e donna, anche se è l’America che deve scegliere. Nel 2005 Stephen Meyer, filosofo e biologo con dottorato a Cambridge, pubblicò uno studio che conclude che il disegno intelligente è la spiegazione più ragionevole dell’origine dell’universo e fu rimosso dal suo incarico. Sono solo alcuni delle decine di episodi raccontati da Melanie Phillips, giornalista del Daily Mail e dello Spectator, nel suo ultimo libro, The World Turned Upside Down (Il mondo alla rovescia), da poco pubblicato in Gran Bretagna. «Sono episodi di discriminazione contro ciò che dovrebbe essere naturale e difeso», spiega la Phillips a Tempi. Nel libro, la columnist britannica analizza lucidamente i problemi che affliggono l’Occidente. Mentre oggi, alla luce della recente visita papale nel Regno Unito, dice di aver ritrovato in Benedetto XVI un uomo che «vede esattamente gli stessi mali nella società contemporanea che vedo io», con una via risolutiva.

Nel suo libro scrive che il mondo si sta autodistruggendo da quando l’uomo ha avviato quel processo per cui ragione e fede sono state separate. Questo porterebbe l’uomo alla follia alla negazione della realtà. Può spiegare come?
La realtà, oggi come mai prima d’ora, viene continuamente rimaneggiata. Negata. Per esempio, siamo bombardati di informazioni su un mondo che sta andando incontro a un disastro climatico, quando moltissimi studiosi, emarginati dalla comunità scientifica, con argomentazioni e prove valide, dicono il contrario. Penso, poi, ai tantissimi casi descritti nel mio libro di cristiani perseguitati in Inghilterra. Licenziati perché credenti. Scienziati professionisti abilissimi fatti fuori dalle accademie perché convinti che il mondo abbia un’origine e un ordine. Si cerca di eliminare il trascendente dal reale in nome del razionale, con esito opposto: la follia. Siccome le persone hanno un bisogno profondo, naturale e irriducibile, di credere, quando viene fatto fuori un Dio ragionevole, ci si affida ad appigli irrazionali e non verificabili come l’astrologia, lo sciamanismo, la parapsicologia e quant’altro.

Lei racconta che nelle scuole di giornalismo inglesi, negli anni Ottanta, vi insegnavano: «Se la realtà non risponde all’idea che dovete raccontare, omettetene una parte». In Italia l’allineamento dei media e le battaglie di potere giocate attraverso l’informazione fanno pensare che quel suggerimento sia diventato norma. È anche il caso della stampa britannica?
Non è solo un problema della stampa, è culturale. Di tutti gli intellettuali. Bisogna sopprimere l’evidenza che non corrisponde con la propria ideologia, la quale è sempre legata a un potere da mantenere. Il canale d’informazione inglese Bbc, ad esempio, ha vietato espressamente ai giornalisti di parlare delle teorie che confutano quella del catastrofismo climatico, che per l’editore è un diktat da difendere a priori, che nemmeno i fatti possono confutare. Per quanto riguarda la guerra in Iraq è lo stesso. Nessuno ha dato voce ai giornalisti che hanno trovato reportage e documentazioni sull’esistenza delle armi di distruzione di massa, probabilmente, sempre secondo i documenti, spostate in Siria. Tutto questo viene da un’utopia antica: mentire per creare un mondo perfetto. Un ecologista, di cui scrivo, ha dichiarato esplicitamente che occorreva dire che il clima era in pericolo anche se non era vero, in modo che la gente smetta di abusare del creato, finché si arrivi ad un mondo perfetto, dove tutti si comporteranno bene.

Richard Dawkins, lo scienziato che proponeva di arrestare il Papa non appena avesse messo piede sul suolo inglese, dice che «non si può ammettere l’esistenza di un creatore, perché sarebbe più assurdo pensare a un Dio che non ammetterlo». Lei scrive che questa posizione nasce dal terrore di accettare l’esistenza di un’alterità. Perché tanta paura?
Questa ossessione, che caratterizza la maggioranza degli intellettuali, è per me misteriosa. Capisco, però, che la scienza materialista li fa sentire più sicuri di riuscire a governare la realtà. Argomentare che Dio non esiste, in effetti, significa non ammettere che ci sia qualcosa di incomprensibile e inafferrabile da conoscere. Una cosa così scombina i tuoi calcoli, ti pone degli interrogativi, richiede di cambiare ipotesi o metodo, ti sconcerta.

Se nega l’alterità l’uomo soffre. Lei cita De Lubac che dice: «Non è vero che l’uomo non può organizzare il mondo senza Dio. Quello che è vero è che, senza Dio, lo può solo organizzare contro se stesso». Sembrerebbe una sorta di masochismo. Perché l’umanità e la società occidentale ne sono affetti?
Bè, penso che sia una specie di tracotanza, una totale assenza di umiltà che viene da una gratificazione senza limiti dell’ego, a cui consegue la negazione dell’altro da sé. Questo egoismo rimpiazza la verità con il proprio potere. Così, anziché una società unita dai suoi vincoli, ne abbiamo una frammentata in una serie di ideologie, dove quella del più forte vince: penso all’aborto, agli handicappati, agli anziani, all’odio verso i credenti cristiani e verso gli ebrei. Dà fastidio Dio, un’intelligenza e una moralità da seguire che non gratificano la forza o il potere. Perciò il cristianesimo e il giudaismo sono i loro principali nemici. Peccato che quelle due religioni siano la ragione del nostro esistere. I pilastri della società occidentale. E minandoli ci uccidiamo da soli.

Anche l’islam è una religione. Perché non è altrettanto attaccata dagli intellettuali occidentali?
Perché l’islam non implica l’imprevisto. È una religione del potere dove l’uomo non è libero, obbedisce succube a delle regole. E così può essere usata dall’uomo come una forma di potere e controllo sull’intelligenza altrui.

Nel suo libro lei parla del “totalitarismo della virtù”. Di che si tratta?
Lo spiegano i molti fatti di cronaca, nascosti ai più e raccolti nel mio libro. Se non segui lo stile di vita virtuoso dell’ecologia o della tolleranza sei schiacciato. Racconto dei dipendenti dell’Ipcc (Gruppo consulente intergovernativo sul mutamento climatico, ndr) obbligati a dire bugie. O dei casi di molti cristiani perseguitati in Inghilterra perché seguono determinate regole che danno fastidio a chi non vuole rispettarle. Le vittime e gli aggressori si stanno scambiando di posto. I gruppi che seguono una morale minoritaria, come gli omosessuali ad esempio, con la pretesa, non tanto di essere rispettati, ma di essere considerati come ciò che non sono, stanno discriminando la maggioranza di coloro che vivono in modo diverso dal loro. È una specie di totalitarismo delle finte virtù. Una bella utopia che sta rivelando la sua violenza. Siamo praticamente costretti ad essere immorali, atei e innaturali per essere accettati dalla società.

Secondo lei la tradizione giudaico-cristiana sarebbe la ragione del nostro progresso. La cultura, le opere e la scienza occidentali sono il frutto di un rapporto nuovo tra l’uomo e Dio: un Dio buono, razionale che lascia l’uomo libero.
È così. E per questo credo che le persone che hanno più responsabilità siano i cristiani e gli ebrei. Devono trovare al più presto il modo per unirsi e parlare insieme con coraggio, trovando il linguaggio appropriato per raggiungere tutti.

L’idea centrale del suo libro è esattamente la stessa comunicata dal Papa alla sua nazione: «L’educazione non è e non deve essere mai considerata come puramente utilitaristica, (…) riguarda educare alla saggezza. E la vera saggezza è inseparabile dalla conoscenza del Creatore perché “nelle sue mani siamo noi e le nostre parole, ogni sorta di conoscenza e ogni capacità operativa”». Vede dei segni positivi in questo senso?
Penso che ci siano dei segni positivi. Il fatto, per esempio, che il Papa sia stato accolto con tanta benevolenza nel Regno Unito, come onestamente non mi aspettavo, significa che l’Occidente aspetta qualcuno che gli parli di quello che il Pontefice ha testimoniato. Significa che se i leader religiosi trovassero il linguaggio giusto potrebbero fare molto. Incoraggiare e ispirare gli uomini. Far capire loro che ci vogliono una morale e delle regole per vivere bene. Questo è l’unico antidoto all’odio che l’Occidente nutre per se stesso. È questo che potrebbe affascinare le popolazioni islamiche: la ragionevolezza e la libertà, di cui i leader fondamentalisti hanno paura perché minaccerebbero il loro potere.

Un anziano, venuto da Liverpool alla beatificazione di Newman, ha detto a questo giornale: «Benedetto XVI è un uomo di rispetto, ma è un professore. Comunque il Papa che si scomoda per noi è da salutare». Poi ha bofonchiato qualcosa di polemico contro il Vaticano. Dopo la celebrazione, invece, ha confessato: «Sono ammirato, questo Papa è veramente uno di noi, è venuto da noi per noi, una cosa eccezionale». Un ragazzo, dopo la veglia del sabato con il Papa, davanti al silenzio e all’unità percepiti, ha detto: «Io voglio questo per me, ma cos’è? Devo mettermi a capire!». Lei parla di regole, ma non pensa che sia in realtà questa bellezza a convincere gli uomini che una vita vissuta dentro un ordine è desiderabile?
È vero, forse è così: la gente in fondo aspetta qualcosa, e mostrare agli altri l’immenso vantaggio di un’esistenza che ammette la trascendenza potrebbe convincere. Questo potrebbe effettivamente vincere sull’idea falsa, ma prevalente, per cui la fede è la tomba della felicità.

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Guerra santa a Medjugorje

Posté par atempodiblog le 10 octobre 2010

L’apparizione che divide la Chiesa. Shönborn ci crede ma Roma è prudente. L’indagine di Ruini.
di Paolo Rodari - Il Foglio

Guerra santa a Medjugorje dans Cardinale Christoph Schönborn medjugore

L’ultima mossa del cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schonborn è del 23 settembre scorso. Incurante delle richieste di prudenza più volte espresse dalla curia romana, Schonborn ha aperto le porte della monumentale Stephansdom, la cattedrale di Santo Stefano, a due dei sei veggenti di Medjugorje: Marija Pavlovic e Ivan Dragicevic. Davanti a centinaia di fedeli, i due hanno parlato delle apparizioni, dei messaggi che la Madonna affida loro da quasi trent’anni. Poi, sull’altare antistante la tomba in marmo rosso dell’imperatore Federico III, ha preso posto lo stesso cardinale arcivescovo che si è rivolto ai due medjugorjani con queste parole: « Grazie di essere qui in mezzo a noi. Grazie per il servizio che avete reso in tutti questi anni ».
Da quasi tre decenni la battaglia su Medjugorje è aperta dentro la chiesa cattolica. Da una parte la curia romana che resiste scettica, a volte prevenuta, sempre e comunque prudente. Dall’altra diverse personalità ecclesiastiche e il popolo che in massa si riversa da ogni parte del mondo nel paesino dell’Erzegovina dove il 24 giugno del 1981 sei giovani dichiararono di aver avuto, sulla collina Crnica, nel luogo chiamato Podbrdo, un’apparizione. Videro una figura bianca con un bambino nelle braccia. « Abbiamo visto la Madonna », dissero. Per tanti anni le apparizioni furono quotidiane. Dal 1987 la Madonna appare ogni 25 del mese e soltanto a Marija. Gli altri hanno apparizioni più sporadiche.

Roma chiede silenzio, prudenza, passi brevi e molto ponderati. Mentre diversi sacerdoti e vescovi, tra questi Schönborn, agiscono più d’istinto. Sentono che a Medjugorje, come fu a Fatima e Lourdes, il soprannaturale parla e si manifesta. L’arcivescovo di Vienna sa bene quanto i suoi interventi pro Medjugorje infastidiscano Roma. Ma sembra non curarsene, spinto probabilmente anche dal richiamo dell’Erzegovina che un tempo fu terra dell’Impero: un richiamo importante per un nobiluomo di ascendenza asburgica. La devozione popolare è alimentata anche dal combattivo padre Livio Fanzaga di Radio Maria. Dalla comunità Nuovi Orizzonti di Chiara Amirante, E da tante parrocchie, molte italiane, che ai treni per Lourdes e ai voli per Fatima preferiscono i pullman per Medjugorje.
A Roma il partito degli anti visionari non è dell’ultima ora, Le resistenze interne è da tempo che giocano un ruolo imporrtante, Dice il decano dei vaticanisti Benny Lai: « La curia gioca il suo ruolo di istituzione monolitica. Cerca sempre di resistere fino all’ultimo ai visionari, veri o presunti tali. Ancora oggi le guarigioni di Lourdes sono guardate con sospetto, Medjugorje, in particolare, non è mai stata presa in seria considerazione dall’apparato, Certo, Giovanni Paolo II aveva una posizione aperta su Medjugorje, Come ce l’aveva, ad esempio, su padre Pio da Pietralcina. Ma un conto è l’idea personale di un Pontefice, un altro è la voce ufficiale della chiesa, Una voce che non può tollerare i passi in avanti troppo affrettati di singoli vescovi o cardinali che siano ».
Fu lo scorso gennaio che Schönborn si recò in visita a Medjugorje, una televisione al proprio seguito, Da qui lanciò un messaggio a tutta la chiesa: « Bisogna chiudere gli occhi per dubitare che a Medjugorje scorrano fiumi di grazia ». Immediata fu la reazione del vescovo di Mostar (la diocesi in cui ricade Medjugorje), monsignor Ratko Peric. In una nota ufficiale si lamentò di non essere stato preventivamente informato da Schönborn del suo arrivo. Da Mostar i malumori arrivarono fino a Roma.
Tanto che, lo scorso giugno, quando Benedetto XVI ricevette Schönborn dopo le accuse rivolte all’ex segretario di stato vaticano Angelo Sodano di aver insabbiato a suo tempo l’inchiesta sugli atti di pedofilia che avrebbe compiuto l’ex arcivescovo di Vienna Hans Hermann Groer, si dice che parlò con Schonborn anche di Medjugorje e dell’inopportunità della sua visita.

L’anti medjugorjanesimo romano ha radici profonde nella Congregazione per la dottrina della fede, Sul dossier Medjugorje ci sono fin da quando lavorava all’ex Sant’Uffizio, Tarcisio Bertone, oggi segretario di Stato vaticano, e Angelo Amato, oggi prefetto dei Santi. Bertone è sempre stato un tignoso quanto ad apparizioni mariane. Su Fatima sostiene che nulla c’è da rivelare di quanto già non si sappia. E su Medjugorje? Nel 2005, quando era arcivescovo di Genova, andò a Porta a Porta e li disse la sua. Scoppiò un pandemonio tra preti e fedeli, « Radio Maria, rivolta contro Il cardinale », titolò Il Corriere della Sera. Cosa accadde? Bertone non negò il diritto a pregare la Vergine in quei luoghi, ma deplorò « gli eccessi di fanatismo, come i manifestini distribuiti in diverse chiese, nei quali si assicura anche la possibilità di assistere a un’apparizione della Madonna, a ora stabilita ». E ancora: « Dal 1981 a oggi Maria sarebbe apparsa decine di migliaia di volte a Medjugorje. Questo è un fenomeno non assimilabile ad altre apparizioni mariane ». Radio Maria reagì furente. In diretta padre Livio proruppe contro lo « scetticismo » del cardinale. Che rispose: « Sono reazioni scomposte e offensive di fedeli e sacerdoti che si definiscono medjugorjani”. E ancora: « Sono attacchi inaccettabili non certo compatibili con i fautori di un’autentica devozione mariana ». Quindi l’ordine rivolto dall’alto all’Opera romana pellegrinaggi di depennare dal catalogo le visite al più famoso santuario della ex Jugoslavia.

Benedetto XVI ha sempre ascoltato il giudizio del suo braccio destro fin dai tempi dell’ex Sant’Uffizio. Ratzinger scoprì Bertone nel 1988 e da allora in poi lo mise all’opera sulle questioni più intricate e scottanti: lo scisma di Marcel Lefebvre, la teologia della liberazione, i padri di famiglia ordinati preti nella Cecoslovacchia comunista, il terzo segreto di Fatima, lo scandalo dei preti pedofili negli Stati Uniti, il matrimonio dell’arcivescovo Emmanuel Milingo con una seguace della setta di Moon e, appunto, il dossier Medjugorje. Bertone e la Dottrina della fede hanno lavorato in simbiosi con la diocesi di Mostar. Qui il vescovo Pavao Zanic prima, e poi il suo successore Ratko Peric, hanno sempre avuto una posizione scettica. Fu l’11 ottobre 1984 che Zanic disse: « Dichiaro che è tutta una grande truffa, un inganno… non ci sono apparizioni della Madonna… io credo che c’è il Demonio! ». Una posizione forte, alla quale seguì una nota del 1991 della Conferenza episcopale Jugoslava: « Sulla base delle ricerche finora compiute non è possibile dichiarare che si tratti di apparizioni e fenomeni soprannaturali ». Parole che per il partito degli anti medjugorjani sono la conferma che è tutto un bluff. Mentre per i medjugorjani no. Dicono: « La Conferenza episcopale jugoslava non dice che non vi sono apparizioni, ma solo che non sono ancora state confermate ».
E’ stato Papa Ratzinger, la scorsa primavera, a riaprire tutto. Con un’azione a sorpresa ha istituito una Commissione internazionale d’inchiesta guidata dal cardinale Camillo Ruini. Da tempo c’è chi sostiene che Ruini sia scettico su Medjugorje e che dunque l’esito dell’inchiesta sia in qualche modo scontato. Ma è davvero così? Davvero Ruini affosserà Medjugorje, trent’anni di apparizioni e migliaia di conversioni comprese? In Vaticano si dicono due cose. Anzitutto che è stato Ruini a lasciare fuori dalla Commissione, composta da circa venti persone, l’attuale vescovo di Mostar, Ratko Peric. E ciò significa che per volere di Ruini ai lavori non partecipa la personalità ecclesiastica che più di altre è contraria al riconoscimento dell’autenticità delle apparizioni. In secondo luogo, si ritiene che oggi sia del tutto prematuro fare previsioni. I tempi dell’inchiesta sono lunghi, si parla addirittura di anni. Anche perché è difficile esprimersi in maniera definitiva mentre le apparizioni ancora hanno luogo. Una prima volta la Commissione si è riunita il 26 marzo scorso ma non ha fatto altro che dividere il da farsi secondo argomenti diversi. Tra questi, il capitolo « traduzioni ». Già, perché è dalle traduzioni dei messaggi della Madonna che dipende principalmente l’esito dei lavori guidati da Ruini. I veggenti hanno lasciato in questi anni migliaia di messaggi che, dicono, ha comunicato loro la Madonna. E oggi il problema principale è tornare indietro nel tempo e recuperare soltanto quelli autentici.
Infatti, i messaggi, veicolati dai veggenti in lingua croata, hanno avuto centinaia di traduzioni in tutte le lingue del mondo. Le traduzioni si sono sovrapposte ai testi originali ed è difficile, soprattutto coi messaggi dei primi anni, distinguere tra gli originali e gli apocrifi. Nei primi anni Ottanta, ad esempio, vi fu uno scontro durissimo tra il vescovo di Mostar e i francescani che risiedono vicino alla parrocchia di Medjugorje. La curia voleva meno protagonismo da parte dei francescani che invece rivendicavano un ruolo importante rispetto alla parrocchia e ai veggenti. Secondo alcuni messaggi riportati dagli stessi veggenti la Madonna prese posizioni in questa disputa a favore dei francescani. « Non ubbidite a nessuno! », disse il 15 aprile 1982 la Madonna secondo quanto ha riportato la veggente Vicka. È anche su queste dichiarazioni che Ruini deve lavorare.

Oltre ai messaggi c’è il problema dei segreti. Come a Fatima, anche Medjugorje ha nel suo bagaglio diversi segreti. Dieci, per l’esattezza. Oggi ancora non sono stati rivelati. Sono un macigno misterioso che pesa e fa paura alla chiesa, alla curia di Roma, alla Dottrina della fede. Anche perché si descrivono gli eventi che si verificheranno se l’umanità non riuscirà a ravvedersi. Sostengono i veggenti che con la realizzazione dei segreti la vita nel mondo cambierà: dopo la loro manifestazione, gli uomini crederanno come nei tempi antichi. Una veggente, Mirjana, ha dichiarato che dieci giorni prima della realizzazione di ogni segreto avviserà un sacerdote, il padre francescano Petar Ljubicic, incaricandolo di rivelarli. Egli dovrà digiunare per sette giorni e avrà il compito di rivelarli tre giorni prima della loro realizzazione. Poiché è arbitro della sua missione, potrebbe tenerli per sé, come fece Giovanni XXIII per il segreto di Fatima, la cui rivelazione era autorizzata per il 1960. Tuttavia, padre Petar è fermamente intenzionato a rivelarli: è stato interrogato in proposito anche da Antonio Socci nel 2004 e ha confermato che lo farà « senz’altro ». E se si tiene conto che padre Petar ha già sessant’anni, i tempi delle rivelazioni non possono essere lontani.
E Benedetto XVI? Nella battaglia tra favorevoli e contrari egli sembra stare nel mezzo. Se Giovanni Paolo II era difatti convinto della verità di queste apparizioni, Ratzinger sembra voler restare un passo indietro. Nel 2000, quando era prefetto dell’ex Sant’Uffizio, scrisse un « Commento teologico » circa le apparizioni mariane. C’è rivelazione e rivelazione, spiegò, nel solco di quanto già scrisse nel Settecento il dotto cardinale Prospero Lambertini, poi Papa col nome di Benedetto XIV. Un conto è la rivelazione che si è espressa definitivamente in Gesù, che esige dal cristiano un pieno assenso di fede cattolica. Un conto sono le rivelazioni « private »: meritevoli queste « di un assentimento di fede umana conforme alle regole della prudenza, che ce le presenta come probabili e piamente credibili ». Queste rivelazioni sono un « aiuto che è offerto per comprendere e vivere meglio il Vangelo, ma del quale non è obbligatorio fare uso ». Non è scorretto pensare che ancora oggi il Papa si mantenga al livello di quanto espresso nel dotto commento teologico. Ma dice Antonio Socci: « Incontrai Ratzinger a Belluno poco prima dell’elezione al soglio di Pietro e gli chiesi di Medjugorje. Non si sbilanciò molto ma mi chiese cosa avessi visto io a Medjugorje. Gli raccontai del fiume di gente convertita… Mi disse: “Ovviamente questo aspetto è decisivo. Perché la chiesa non può chiudere la porta dove la gente ritrova la fede”.
Ratzinger pare non sia mai andato a Medjugorje. Così Karol Wojtyla. Ma sono tantissimi i vescovi e i cardinali che, spesso in incognito, sono andati a vedere. Molti hanno aspettato di diventare « emeriti », di non avere più incarichi importanti, per raggiungere, sempre in viaggi segreti, l’Erzegovina. Così fece, prima di morire il cardinale Corrado Ursi (di Napoli). Vescovo di nomina pacelliana, esponente di spicco di quel rinnovamento liturgico che nel post Concilio tanto ha fatto parlare di sé, per andare a Medjugorje affrontò un viaggio di 1.500 chilometri in macchina. Aveva 94 anni. Arrivando disse: « Quanta gioia e grazia per essere presenti qui ».

Recentemente è stata la volta del cardinale Bernardino Echevarria Ruiz, arcivescovo emerito di Guayaquil (Ecuador). A Medjugorje ha detto: « I messaggi della Madonna sono totalmente biblici ». Poco prima di morire arrivò a Medjugorje il cardinale arcivescovo di Praga Frantisek Tomasek, noto in tutto il mondo soprattutto per l’epica opposizione al comunismo nell’ex Cecoslovacchia. Disse: « Ritengo che dobbiamo anche agli eventi di Medjugorje una parte della nostra grande primavera spirituale, che Dio ci ha donato per mezzo di Maria. La preghiera e il digiuno, la fede e la conversione e l’invito alla pace possono venire solo da Dio. Per dirla semplicemente, sento parlare molto di Medjugorje, ma vorrei sentirne parlare di più ». Indimenticato, infine, è rimasto tra i medjugorjani l’affondo di uno dei più profondi teologi della nostra epoca: Hans Urs Von Balthasar. Fondatore della rivista Communio, amico e maestro di Joseph Ratzinger – morì poco prima di ricevere da Giovanni Paolo II la berretta cardinalizia per meriti « alla carriera » -, intervenne su Medjugorje dopo che il vescovo di Mostar, Zanic, risentito coi francescani residenti vicino alla parrocchia, aveva attaccato Medjugòrje con queste parole: « Una vicenda in cui compaiono frati ribelli e sospesi a divinis, segreti e vite della Vergine mai rivelati, personaggi che si ritengono inviati dalla provvidenza, guarigioni mai verificate e gente che si rovina la vista guardando il sole ». Von Balthasar prese carta e penna e scrisse a Zanic queste lapidarie parole: « Monsignore! Come è possibile che lei abbia mandato un tanto triste documento in tutto il mondo! Mi sono sentito profondamente colpito vedendo la funzione episcopale tanto degradata. Invece di avere pazienza, come le era stato raccomandato da più persone, lei tuona e scaglia saette a scapito di persone note e innocenti, degne del suo rispetto e della sua tutela. Ripete delle accuse che sono state confutate cento volte ».
Von Balthasar accusa Zanic di non avere avuto pazienza. La stessa accusa che oggi da Roma viene fatta a vescovi e cardinali troppo frettolosi di mostrarsi medjugorjani. A Ruini il compito di arbitrare tra le due correnti contendenti. Con molta pazienza.

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O Signore, fà di me uno strumento della Tua Pace.

Posté par atempodiblog le 4 octobre 2010

O Signore, fà di me uno strumento della Tua Pace. dans Preghiere sanfrancesco

« O Signore, fà di me uno strumento della Tua Pace.
Dove è odio, io porti Amore,
dove è offesa, io porti Perdono,
dove è discordia, io porti Unione,
dove è dubbio, io porti Fede,
dove è errore, io porti Verità,
dove è disperazione, io porti Speranza,
dove è tristezza, io porti Gioia,
dove sono tenebre, io porti Luce ».

San Francesco 

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Ottobre, mese mariano e missionario

Posté par atempodiblog le 1 octobre 2010

Ottobre, mese mariano e missionario dans Fede, morale e teologia santorosario

In questo mese di ottobre prendiamo il rosario in mano e recitiamolo con fervore sia personalmente, come in famiglia che nelle parrocchie. E’ la Madonna che ce lo chiede:

    • « Cari figli, oggi vi invito a cominciare a recitare il rosario con fede viva, così io potrò aiutarvi. Voi, cari figli, desiderate ricevere grazie, ma non pregate, ed io non vi posso aiutare dato che voi non desiderate muovervi. Cari figli, vi invito a pregare il rosario; il rosario sia per voi un impegno da eseguire con gioia, così comprenderete perché sono da così tanto tempo con voi: desidero insegnarvi a pregare » ( 12/6/1986).

    • « Cari figli, vi esorto a invitare tutti alla preghiera del rosario. Col rosario vincerete tutti gli ostacoli che satana in questo momento vuole procurare alla Chiesa cattolica. Voi tutti sacerdoti recitate il rosario, date spazio al rosario » ( 25/6/1985).

    • « Cari figli, rivestitevi dell’armatura contro satana  e vincetelo con il rosario in mano » ( 8/8/1985).
    • « Cari figli, anche oggi vi invito alla preghiera. Figlioli, la preghiera opera miracoli. Quando siete stanchi e malati e non sapete il senso della vostra vita, prendete il rosario e pregate; pregate finché la preghiera diventi un incontro gioioso con il vostro Salvatore » ( 25/4/2001).• « Invito tutti i sacerdoti, i religiosi e le religiose a recitare il rosario e ad insegnare agli altri a pregare. Figlioli, il rosario mi è particolarmente caro. Per mezzo del rosario apritemi il vostro cuore ed io posso aiutarvi » ( 25/8/1997).

madonnaconilbambinodira dans Padre Livio Fanzaga

Il mese di ottobre, oltre ad essere mariano, è anche missionario. [...] Qual’è il contributo che ognuno di noi può dare?
Innanzi tutto dobbiamo essere consapevoli della bellezza e della grandezza della fede cristiana, con la quale entriamo in intima amicizia con Gesù. La sua presenza nella nostra vita è una luce e una forza ineguagliabili, perchè ci apre davanti le prospettive dell’eternità e dell’immortalità. Chi ha incontrato Gesù ha trovato il tesoro nascosto e la perla preziosa.
La gioia della fede non può essere trattenuta dentro il cuore, ma per sua natura esige di essere comunicata. L’impegno missionario nasce dal fatto stesso di essere cristiani. La fede, come la luce, si espande all’infinito.
Dobbiamo essere missionari innanzi tutto nell’ambito della famiglia. In essa dobbiamo comunicare l’amore, la generosità, la mitezza e la pazienza di Gesù. In questo modo la famiglia diventa luce in questo mondo di tenebra che ci vuole avvolgere.
Dobbiamo essere missionari nel luogo di lavoro. La serietà, l’onestà, la disponibilità il sorriso, la parola di incoraggiamento, la mano tesa, aprono i cuori più di tante parole.
Non vergognamoci di Gesù Cristo. Non facciamoci intruppare nel gregge. Andiamo controcorrente. Siamo il sale della terra e la luce del mondo. Aiutiamo la Madonna ad aiutarci.
Non lasciamo sola la Chiesa.

    • « Cari figli, oggi vi invito a lavorare nella Chiesa. Io vi amo tutti in modo uguale e desidero che voi tutti lavoriate, ciascuno secondo le sue capacità » (31 /10/1985).

La salvezza eterna di tante anime dipende anche da noi.

di Padre Livio Fanzaga

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Mormorazione

Posté par atempodiblog le 1 octobre 2010

Mormorazione  dans Mormorazione padrepio

Uno dei peccati per cui Padre Pio negava l’assoluzione era quello della mormorazione o maldicenza nella quale incorrono spesso anche quelli che si reputano cristiani… praticanti. Giustamente il Padre si mostrava severo con quelli che, forse senza rendersene conto del tutto, offendevano la giustizia e la carità. Disse ad un penitente : « Quando tu mormori di una persona vuol dire che non l’ami, l’hai tolta dal tuo cuore. Ma sappi che, quando togli uno dal tuo cuore, con quel fratello se ne va anche Gesù ». Una volta, invitato a benedire una casa, arrivato all’ingresso della cucina, disse: « Qui ci sono i serpenti, non entro ». E ad un sacerdote, che spesso vi si recava a mangiare, disse di non andarci più, perché lì si mormorava. Nella mormorazione oltre a mancare di carità si esprimono giudizi, contravvenendo a quanto dice Gesù: « Non giudicate ». (Lc, 6,37)
Il Padre ammoniva « Solo Dio può giudicare, non noi ». Padre Pio suggeriva un accorgimento: per evitare di emettere giudizi, bisogna non concepirne, altrimenti prima o poi si mette fuori quanto uno ha dentro l’animo. Anche se vediamo un delinquente, non possiamo dare su di lui nessun giudizio: solo Dio può vedere fino in fondo il cuore dell’uomo, né possiamo fare gli scandalizzati di fronte agli sbagli altrui, altrimenti il Signore permette che noi battiamo la testa nello stesso errore. Se qualche volta purtroppo siamo costretti ad esprimere un giudizio, facciamolo con larghezza di carità ». Qualora un penitente in confessione si accusava di aver inavvertitamente sbagliato nell’esprimere un giudizio o in esso vi era stata anche una sola lieve esagerazione, il Santo domandava « L’hai ritrattato? ».
Anche dall’ironia il Padre metteva in guardia i suoi figli. Disse a Luciano Bellodi di Modena: « Per fare dell’ironia o dello spirito occorre avere cuore e cervello e saper valutare chi ci sta ascoltando, cioè la persona che ci sta davanti, perché la nostra ironia potrebbe ferirla profondamente e andare al di là anche dei nostri intendimenti ». Sorella dell’ironia è la battuta mordace: Una signora, avendo saputo che una sua amica sarebbe scesa a San Giovanni Rotondo, la pregò di consegnare al Padre una lettera con l’offerta per una santa messa. Così davanti a lei infilò nella busta 10.000lire. Erano gli anni cinquanta e l’incaricata della commissione, vedendo questa generosa offerta, disse dentro di sé: Quanti soldi per una messa! Quando fu a San Giovanni Rotondo appena potè incontrare Padre Pio gli porse la missiva. Il Santo, guardando la busta chiusa, disse un po’ divertito: « Quanti soldi per una messa! ». La signora capì allora davanti a chi si trovava. Ed accettò la lezione. A suor Pura Pagani, che in confessione gli manifestava delle incomprensioni e dei torti ricevuti nell’ambito ecclesiastico, il Padre disse: « Devi perdonare. Anch’io ho perdonato ». Narra Mario Sanci: « Nel mio ufficio di collocamento in una accesa discussione, un operaio mi dà un forte schiaffo, ne segue una denuncia ai carabinieri e l’operaio è ricercato per essere arrestato. Non può rientrare a casa, neanche per dormire e siamo nel periodo della Pasqua 1956. Dopo moltissime pressioni di amici ritiro la denuncia. Parecchio tempo dopo, mi reco a San Giovanni Rotondo per confessarmi da Padre Pio. Appena mi inginocchio, il Padre mi chiede: « Hai beneficato qualche padre di famiglia? ». Il mio pensiero vola subito alla denuncia ritirata e rispondo: « Si, Padre, ma mi è costato uno schiaffo ». Appena dico questo, vedo Padre Pio piegarsi tutto da una parte, mettersi la mano sulla guancia, come se quello schiaffo lo stesso ricevendo lui in quel momento. Io rimango imbarazzato ed addolorato. Il Santo si rialza e comincia: « Da quanto tempo non ti confessi? ». Segue la mia confessione, che si conclude con l’assoluzione. Ogni tanto medito su questo episodio. Penso che il Padre abbia voluto mostrarmi che in realtà io ho dato a lui veramente uno schiaffo, quando, pur vantandomi di essere un suo figlio spirituale, non volevo perdonare a chi mi aveva offeso; ma devo aggiungere che da quel giorno, quando mi metto davanti al Crocifisso, vedo quanti schiaffi e colpi di flagelli ho dato a Gesù con i miei peccati. Quella lezione mi è stata salutare ».
Un signore si confessa da Padre Pio; terminata l’accusa dei peccati rimane in attesa che parli il Padre, il quale domanda: « Hai altro? ». Avendo avuto risposta negativa, il confessore ripete la domanda. Al secondo no il santo chiede: « Con tuo fratello come va? Quali sono i vostri rapporti? ». « Non mi parla, ma non è colpa mia. Mi ha fatto del male e si è allontanato da me. Io non so che fare », risponde il penitente. « Và a far pace », dice il Santo. « Ma , Padre, è lui che ha fatto del male a me, non io a lui », si giustifica il penitente. Ed il Santo: « E Gesù che colpa aveva, quando è salito sulla croce. Non è morto per le colpe degli altri ed anche per le tue? » E non volle dargli l’assoluzione. Una giovane signora, che diceva a Padre Pio di essere continuamente umiliata dalla famiglia del suo sposo, al termine della confessione si sentì dire pieno di dolcezza e comprensione: Hai il cuore pieno di odio per i parenti di tuo marito. Ne avresti motivo, perché hai ragione tu, ma per amor di Dio devi perdonare ». Il Padre ha indicato alla penitente la via della pace interiore; insegna inoltre che la motivazione del perdono sta tutto e solo nell’amore che noi portiamo a Dio, al quale in realtà facciamo umile dono della nostra sofferenza, senza chiedere vendetta.
Anche per S.L., insegnante – la quale aveva subito una grave ingiustizia che aveva segnato tutta la sua vita – c’è stata comprensione ed accoglienza da parte del Padre, ma in modo del tutto particolare. Nel 1956 andò a San Giovanni Rotondo, ma era un po’ scettica nei riguardi di Padre Pio; vedendo che le donne facevano toccare le corone del rosario al confessionale, dove il santo svolgeva il suo apostolato, disse: « E’ feticismo ». Ma subito dopo aggiunse come una preghiera: « Signore, se veramente questo frate è un uomo di Dio, dammi un segno ». La notte alle 2,30 si svegliò sentendo un intenso profumo di rose. Si domandò donde potesse prevenire: con lei non aveva nessuna boccetta di essenza odorosa e sul comodino c’era solo la cicca che aveva spento prima di addormentarsi. La mattina volle controllare se ci fosse un roseto nell’ambito della pensione che la ospitava. Niente! Recatasi in chiesa, si confessò da Padre Pio, accusando per primo il peccato che le pesava più sulla coscienza: « Io maledico la mamma del mio fidanzato, perché è stata causa della rottura del possibile matrimonio ». Padre Pio le gridò: « E chi sei tu, per giudicare? Quando ti sarai pentita tornerai qua ». E le sbattè in faccia lo sportello del confessionale. Ritornata in albergo in preda ad una crisi isterica cominciò ad inveire: « Che santo è questo, che a me danneggiata non dà una parola di sollievo!? ». Aspettavo conforto ed ho trovato giustizia. E continuava su quel tono. Ma più passava il tempo e più aumentava la rabbia. All’improvviso avvertì un’ondata di profumo di viole . Tacque. Chiese poi alle altre amiche se lo sentissero; risposero di no. Si rese conto allora che Padre Pio le stava vicino nonostante la durezza dimostrata. Nel giro di un giorno cominciò a calmarsi. Ma con l’andar del tempo constatò con sua meraviglia che nel suo cuore non c’era più odio. Dopo un mese tornò a San Giovanni Rotondo ed il Padre le diede l’assoluzione.
Il Padre chiese un giorno ad un penitente:  » Tu sai fare l’esame di coscienza? ». L’altro non fu pronto a dare la risposta, ed il Padre continuò « Vediamo. Se uno ti fa un torto, come ti comporti? ». Rispose: « Ma! Padre, io da primo reagisco, poi mi pento e mi sforzo di perdonare ». « Tu sei in errore, figliolo. Se uno ti fa un torto, mentre subisci il torto devi avergli già perdonato, senza reagire: il perdono, dopo aver reagito, è tardivo ».
Cleonice Morcaldi ricorda che negli anni 20 – durante il periodo in cui da parte di certa gente del posto si facevano arrivare a Roma voci calunniose sul conto di Padre Pio – un professionista di San Giovanni Rotondo, di ritorno dalla capitale, ove era andato per accusare il Santo, si recò in convento. Un frate, che era addentro alle cose, quando lo vide, avrebbe voluto impedirgli di avvicinarsi al confessionale della sagrestia, dove il Padre stava confessando. Ma il Santo disse al suo confratello di lasciar passare il dottore. « E! Quanto tempo sei stato fuori!… Diamoci un abbraccio! » E lo abbracciò davanti a tutti.
Il Padre metteva nella sfera dell’odio anche l’antipatia, avversione istintiva ed immotivata. In confessione una donna gli disse: « Padre, faccio fatica a salutare gli antipatici ». E Padre Pio pronto: « Anche i pagani fanno così ».

Fonte: Il Padre – di Padre Marcellino Iasenzaniro
Tratto da: BrunellaPavone.it

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