L’inferno esiste
Posté par atempodiblog le 29 mars 2010
L’inferno esiste, ma oggi se ne parla poco
Il Papa: segna il fallimento totale di chi chiude il cuore all’ amore di Dio
di Luigi Accattoli – Corriere Della Sera
L’inferno «esiste ed è eterno» e può essere inteso come la condizione di quanti «chiudono il cuore» a Dio, realizzando così il «fallimento» della propria esistenza: l’ha detto il Papa teologo parlando ieri in una parrocchia di Roma e usando un linguaggio semplificato, si direbbe da parroco. Ma nella semplicità ha riassunto tutti i punti della sua riflessione di teologo in tale scottante materia, variamente esposta negli anni in saggi e in interviste. Ieri Benedetto XVI era in visita a una parrocchia della periferia Nord di Roma, quella di «Santa Felicita e figli martiri». Ha commentato un episodio chiave del Vangelo di Giovanni, quello dell’ adultera che Gesù salva dalla lapidazione dicendo «Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra». Dall’ episodio ha tirato questa «indicazione concreta»: a Gesù non interessa «discutere» con gli scribi e i farisei che gli portano l’ adultera, ma il suo «obiettivo» è «salvare un’anima» per la via della misericordia.
Per questo – ha continuato il Papa – il Signore è venuto sulla terra: «È venuto per dirci che ci vuole tutti in Paradiso e che l’inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore». Conclusione: «Anche in questo episodio comprendiamo che il vero nostro nemico è l’attaccamento al peccato, che può condurci al fallimento della nostra esistenza». Tutte le volte che nelle sue opere il teologo Ratzinger tratta dell’inferno sempre osserva che è un «articolo di fede» che la teologia moderna tende a «eliminare» perché «ostico» alla nostra «coscienza odierna».
E anche ieri l’ha fatto con l’inciso che oggi di inferno «poco» si parla. Altro elemento ratzingeriano tipico è l’ affermazione che l’inferno è destinato a chi «chiude il cuore all’ amore» come ha detto ieri, realizzando così un pieno «fallimento dell’ esistenza». Nel volume Introduzione al cristianesimo (Queriniana 1969), questi concetti erano così proposti, nel capitolo sulla «discesa agli inferi»: «ultima solitudine», «abisso del nostro estremo abbandono», «soltanto la chiusura in se stessi voluta di proposito è ora l’inferno». In quello stesso volume si chiarisce che l’inferno non è un luogo ma una condizione:
«Quello stato spaventoso e sinistro che il teologo chiama inferno». Nel libro intervista Dio e il mondo (San Paolo 2001), il teologo Ratzinger invita a non «risolvere» il «simbolismo biblico» del «mondo superiore e mondo inferiore» in una «visione ingenua» e in un «fisicismo che non aiuta a cogliere l’essenziale». Dunque niente bolgie dantesche e fiamme e ghiacci. Dell’ inferno come «grande mare di fuoco» parla anche il «segreto di Fatima», che a suo tempo il cardinale Ratzinger qualificò come «visione privata» esposta in un «linguaggio immaginifico e simbolico» che va «correttamente» interpretato.
Liberandolo cioè dal «fisicismo». Sempre in quel volume il teologo Ratzinger esprimeva l’auspicio che i dannati all’inferno non siano numerosi: «Speriamo siano pochi gli uomini la cui vita è stata un fallimento totale e insanabile».
L’occasione più recente in cui il cardinale Ratzinger si è occupato dell’ inferno è stata la preparazione del «compendio» del Catechismo della Chiesa cattolica (2005), che ha redatto da cardinale e promulgato da papa. In esso c’ è la domanda «in che cosa consiste l’inferno», seguita da questa risposta: «Consiste nella dannazione eterna di quanti muoiono per libera scelta in peccato mortale. La pena principale dell’inferno sta nella separazione eterna da Dio».
Altro che «luogo simbolo» per fortuna l’Inferno esiste
di Mons. Alessandro Maggiolini – Il Giornale
Il santo Padre ieri l’altro ha parlato in una parrocchia romana dell’Inferno. E qui si potrebbe aprire tutto un capitolo sulle battute umoristiche che con rassegnata monotonia si vanno ripetendo lungo le stantie barzellette pie e blasfeme. Forse non c’è nulla che susciti più umorismo di ciò che mette veramente paura. Si glissa sull’orrore per immunizzare il terrore. Ed è noto che non c’è nulla di più umoristico – e di tragico – dello sdrammatizzare il dramma. Così un certo terrore di fronte al destino umano diviene ridanciano: ridanciano per coprire il brivido della paura.
Il tema dell’Inferno è tra i più evitati nella predicazione e perfino nella liturgia. Sembra che se ne debba accennare soltanto quando si ha voglia di sganasciarsi dalle risa. Anzi, quando si tocca questo argomento, pare ci si debba preparare a sguaiataggini che suscitano il solletico più che mettere di fronte al proprio destino ultimo.
Macché Inferno. Macché Paradiso. Si tratta di miti, di simboli costruiti per suscitare qualche spavento qualche illusione. E la libertà umana si lascia prendere dalla angoscia che blocca ogni serenità e ogni gioia. Una riga sopra queste favole nere, e uno inizia a divertirsi in una esistenza senza senso. Già, una esistenza senza senso. Il fatto è che se non esistesse l’Inferno, non vi sarebbe nemmeno il Paradiso, e tutta la terra sarebbe come una landa desolata e insignificante. Se non esistesse il Paradiso, l’intero universo sarebbe un gioco da ragazzi un po’ incoscienti, poiché non ci sarebbe un fine da raggiungere e una paura da evitare.
Il bene e il male sarebbero la stessa cosa. Il premio e il castigo sarebbero intercambiabili senza batter ciglio. La vita non avrebbe più significato. La gioia e il pianto si sovrapporrebbero indifferentemente. Qualche teologo affrettato ha sostenuto che non esiste né Inferno né Paradiso come stati di vita e non come luoghi. Ma allora che significato potrebbe avere l’obbedire o trasgredire i comandamenti? Amare od odiare il Signore? E se ci fosse anche un solo beato o un solo dannato, non meriterebbe l’architettura ciclopica del Paradiso e dell’Inferno? E se tutto fosse identico al tutto, che significato avrebbe il premio o il castigo? Castigo. Che poi non è l’ira di Dio che si esprime contro qualcuno, ma la chiusura della libertà che non si lascia raggiungere dall’amore di Dio? E un Inferno e un Paradiso vuoto non potrebbero iniziare a essere occupati da me, da te, per il peccato e per la grazia? Meglio, molto meglio l’Inferno e il Paradiso per raggiungere uno scopo e dare un significato alla vita. Se no, meglio mandare all’aria tutto e dire che nulla ha uno scopo. Ma allora, a che serve un giorno dopo l’altro, senza spararsi un colpo alla tempia.
Laisser un commentaire
Vous devez être connecté pour rédiger un commentaire.