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Il ruolo della donna in Africa

Posté par atempodiblog le 15 mars 2010

Una suora saveriana, Teresina Caffi, ad un convegno così presentò la testimonianza sul ruolo della donna in Africa:

Il ruolo della donna in Africa dans Kibeho Donna-in-Africa

La donna era in ospedale pestata dal marito. Le asportarono la milza. Sembrava potesse farcela. “Riuscirai a perdonargli?”, le ha chiesto Lucia. “Se non gli perdono io, chi gli perdonerà?”. Morì poco dopo, quasi all’improvviso.

Rendo omaggio con questo mio intervento alle donne d’Africa, alle donne dei Paesi dei Grandi Laghi.
Alle donne che risalivano dal lago alle sei del mattino, con la gerla già piena di sabbia bagnata, con cui riempire un fusto per una casa in costruzione. Capaci di alzare la testa da sotto il peso e salutare con un largo sorriso. I primi spiccioli della giornata.
Poi via, per i campi lontani dalla città, scalze, la gerla con la zappa sulle spalle. E magari anche l’ultimo nato, da deporre all’ombra, mentre si chinano sotto il sole a coltivare.

Rendo omaggio alle donne al lavoro nei campi, spazio di libertà e creatività ove far crescere e moltiplicare la vita; che raccolgono e sbucciano la manioca, ne riempiono la cesta e tornano insieme liete camminando per chilometri sotto il sole delle due.
E poi il fuoco da accendere, il cibo da preparare per tutti, il profumo che inonda l’aia e tutti che attendono da loro il cibo. E vederli mangiare tutti con gioia ed orgoglio. E finalmente sedersi a mangiare, magari in cucina.

Rendo omaggio alla loro intelligenza volta a proteggere la vita, al loro provvedere ad ogni cosa. Alle donne al mercato, finalmente sedute, che vendono il sovrappiù per procurare un po’ di pesce, di sale, un vestito ai figli e magari anche qualcosa di bello per loro. Basta così poco perché facciano festa.

Rendo omaggio alla loro bellezza luminosa, regale, ignorata, che la fatica spegne presto, ma solo in apparenza.

Rendo omaggio a queste donne, che trovano il tempo per prendere il quaderno e andare a imparare a scrivere, e capire così che non è vero che sono meno intelligenti, alla festa di leggere le prime parole, il libro dei canti, la lettura in chiesa.

Rendo omaggio a queste donne regine ad ogni maternità. Che sanno chiamare Désiré (Desiderato) anche il nono figlio e che ai metodi delle “nascite desiderabili” ricorrono piuttosto per averli, i figli.

Rendo omaggio alle donne morte nel dare la vita, con semplicità, come in un’avventura di cui sapevano da sempre il prezzo.

Rendo omaggio a queste donne per le umiliazioni nascoste, i tradimenti subiti, le speranze deluse, la capacità di stare per amore dei figli. Per le volte che qualcuno ha detto loro che erano inferiori, serve, incapaci, per tutte le decisioni subite senza essere interpellate.

Rendo omaggio a loro, soprattutto per questi lunghi anni di guerra, a loro che portano il peso dell’impresa quasi impossibile di nutrire la famiglia.
Al coraggio delle loro riunioni clandestine in città, non in nome di chissà quali alternative politiche, ma dei loro figli e dei loro mariti resi merce di scarto dall’arruolamento forzato, dalla mancanza quotidiana di cibo.
A loro che hanno per mesi rifiutato di mandarli a scuola. A loro che hanno marciato il seno scoperto per dire l’inutilità del loro dare la vita, di fronte ai continui massacri. A loro che si sono vestite a lutto, che hanno scioperato da ogni attività, che vendono le merci in casa per non pagare al mercato la tassa dello “sforzo di guerra”, la guerra contro il loro popolo.

Rendo omaggio ai loro piedi che fanno chilometri e chilometri per trovare da qualche parte del cibo che costa meno, che accettano l’umiliazione di varcare la frontiera a comprare, tassato, un cibo prodotto nel loro paese, purché i figli mangino. Rendo omaggio alle loro mani callose che conoscono fin da piccole il lavoro, che sanno condividere con la vicina il niente che hanno.

Rendo omaggio al loro grembo offeso da una guerra fatta contro di loro per uccidere il futuro di un popolo. Rendo omaggio alle donne infettate di HIV spesso scientemente come tecnica di guerra. Rendo omaggio alle ragazze umiliate alla stessa maniera mentre andavano all’acqua o al campo e di colpo diventate solo buone per la strada. A queste donne usate e umiliate. A quelle che hanno preferito morire atrocemente  pur di non essere violate.

Rendo omaggio alla loro capacità di danzare, malgrado tutto, alla nascita del figlio della vicina o negli incontri liturgici, ultimi spazi di libertà rimasti. Alla loro capacità di ridere mai del tutto spenta.

Rendo omaggio alla loro fede nel Dio quotidiano che lotta con loro e mediante loro per proteggere la vita, armata debole e enorme della vita contro gli eserciti di morte.

Rendo omaggio a Colui che le ha inventate per dire oggi che la vita si guadagna, si difende, si protegge con la vita. A questa Eucarestia continuamente da esse celebrata nella fatica di una vita data.

Le loro storie, chi mai le racconterà? Ma da qualche parte, un libro è scritto, che conosce ogni loro passo.
Non sono tutte sante. Ma conoscono che l’amore è fatica, l’amore fa male, come diceva madre Teresa.
Un messaggio, una scelta concreta?
Accettare che l’amore ci faccia male, consumi il nostro tempo, la nostra vita, le nostre forze, la nostra pace. Accettare di essere tribolati per amore. Il resto sono parole, sentimenti, Sanremo.

Tratto da: Apparizioni della Madonna in Africa – Nostra Signora di Kibeho
di Padre Angelo Maria Tentori

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La preparazione alla confessione pasquale

Posté par atempodiblog le 15 mars 2010

La preparazione alla confessione pasquale
Arrivare alla Pasqua rinnovati interiormente e pronti ad accogliere nel cuore la pace del Risorto.

La preparazione alla confessione pasquale dans Fede, morale e teologia Confessione

I peccati
Meditiamo innanzi tutto sulla realtà del peccato. I peccati hanno tutti una radice maligna, che è l’allontanamento del nostro cuore da Dio, infinitamente buono e degno di essere amato. I vari peccati hanno un terreno su cui crescono e prosperano. E’ il terreno del nostro cuore pieno di amore di sé e del mondo e vuoto di amore di Dio.
Ci sono i peccati e c’è una situazione esistenziale di peccato permanente: è l’indifferenza, l’ingratitudine, l’oblio, la negazione, l’offesa e persino l’odio verso Colui che ci ha creato e ci ha redento con infinito amore. Come scuoterci da questo stato di morte spirituale che fa del nostro cuore un deserto popolato da aspidi e da scorpioni?
Accogliamo l’invito di Benedetto XVI a pregare davanti alla croce.  Il crocifisso ci rivela la vastità del male che c’è nei nostri cuori, ma anche l’amore prodigo e senza confini di Gesù per noi. Vedendoci così amati, si spezzerà il nostro cuore di pietra e incominceremo anche noi a capire che cosa significhi amare Dio sopra ogni cosa.

Il Sacramento della Riconciliazione
Abbiamo visto come sia importante, per una buona confessione, comprendere la gravità del peccato, la cui radice è l’indifferenza nei confronti di Dio e la chiusura al suo amore. Da qui poi nascono tutti i peccati che gli uomini compiono, perchè il loro cuore è impregnato di amore disordinato di se stessi.
Noi non potremmo mai, con le nostre sole forze, liberarci da questa opprimente schiavitù senza il dono della grazia di Cristo. Egli sulla Croce ci ha ottenuto il perdono del Padre, espiando al nostro posto e a nostro favore. Il Risorto, apparendo ai discepoli rinchiusi nel cenacolo, ha conferito loro il potere di rimettere i peccati. Questo è il grande dono della redenzione, che ci offre l’abbondanza della grazia e della pace di Dio, in attesa della vita eterna.
Nel Sacramento della confessione ci viene donato il perdono di Dio, gratuitamente e incondizionatamente, che comprende anche i peccati più gravi che una persona possa commettere. Basta il pentimento del cuore e l’impegno per una vita nuova.
Da qui si comprende come il Sacramento della riconciliazione sia un dono immenso della Divina Misericordia. Esso deve entrare come mezzo irrinunciabile di santificazione nel nostro cammino cristiano. Sarebbe temerario non approfittare di un dono di grazia così grande.
Guardiamo dunque alla confessione pasquale come a una grande opportunità e disponiamoci a celebrarla con grande fervore.

Esame di coscienza
Il Sacramento della Riconciliazione prevede sei passi successivi: l’esame di coscienza, il dolore dei peccati, il proposito di non peccare più, la confessione, l’assoluzione e infine la penitenza.
L’esame di coscienza riguarda i peccati commessi dall’ultima confessione ben fatta. Esso deve innanzi tutto riguardare i peccati mortali che, per la loro gravità, hanno dato la morte spirituale all’anima. Tuttavia, in particolare per coloro che sono già impegnati nel cammino di conversione, è necessaria una messa a fuoco anche dei peccati veniali, specie quando sono un sintomo di tiepidezza  e disarmano l’anima nel combattimento spirituale.
L’esame di coscienza va preparato alla luce della Parola di Dio: passando in rassegna i Dieci Comandamenti, meditando sul Discorso della Montagna e soffermandosi su quelle opere della carne ( i vizi capitali) che, secondo gli insegnamenti apostolici, portano alla perdizione.
L’esame di coscienza in preparazione alla confessione sarà facile e fruttuoso se ogni giorno, in particolare in chiusura di giornata, ci saremo abituati a presentare alla Divina Misericordia il male commesso. In questo modo ci abitueremo a tenere una coscienza vigile che, senza cadere negli scrupoli, sa prontamente discernere il bene dal male.
L’esame di coscienza ha bisogno di una preparazione remota, in modo tale che, quando ci rechiamo in chiesa per la confessione, siamo già adeguatamente preparati.

Il dolore dei peccati
Dopo l’esame di coscienza, col quale abbiamo  messo a fuoco il male commesso, è necessario esprimere a Dio, Padre infinitamente buono, il nostro profondo dispiacere per non aver corrisposto al suo amore nell’obbedienza alla sua volontà.
Guardando al Crocifisso ci renderemo conto di quanto siamo amati. Gesù è l’Agnello di Dio che ha portato su di sé tutti i peccati del mondo, anche i nostri e li ha espiati al nostro posto e per nostro amore. Per questo nella confessione tutto ci viene perdonato, purché ci sia un vero pentimento.
Perchè il dolore sia autentico è necessario il proposito di non peccare più. Forse non ci riusciremo subito, ma è necessario presentare a Dio la nostra buona volontà di cambiare vita. Sarà forse un lungo cammino, ma l’importante è incominciarlo.
Il dolore dei peccati e il proponimento di non peccare più sono il cuore del sacramento della penitenza. Dovremmo esercitarci in questo al termine di ogni giornata, per evitare di cadere nella tiepidezza.
Così interiormente preparati,  saremo pronti per accostarci al sacramento vero e proprio e fare l’esperienza ineffabile della Divina Misericordia.

La confessione
Con essa  partecipiamo alla morte e alla resurrezione di Gesù. La morte al peccato e la resurrezione alla vita divina della grazia.
Presentiamo al Crocifisso tutto il male che ha inquinato la nostra vita, perché lo distrugga con il suo amore e il suo perdono. Immergiamoci nel mare della sua infinita misericordia.
Ringraziamo Gesù che ha sofferto al nostro posto e per nostro amore, ridonandoci la divina figliolanza e la vita eterna. Chiediamo in questi giorni la grazia di un cuore pieno di gratitudine.
Lasciamoci abbracciare da Gesù e stringerci al suo Cuore, in modo tale che non ci allontaniamo mai più finché non ci ritroveremo con Lui in cielo.
Chiediamo la grazia che nel nostro cuore il desiderio di Lui e della sua amicizia sia più forte di ogni altro.
Accogliamo con gioia l’assoluzione del sacerdote che ci dona il perdono che Gesù ha donato al mondo dall’alto della croce.
La pace della Pasqua incomincerà a inondare i nostri cuori e a diffondersi intorno a noi.

Padre Livio Fanzaga

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