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Il carbone e il diamante

Posté par atempodiblog le 27 février 2010

Il carbone e il diamante dans Citazioni, frasi e pensieri Carbone-e-diamante

“Che cos’è la bellezza? Guardate il carbone e il diamante. Il carbone e il diamante chimicamente sono lo stesso. Perché il carbone è brutto e il diamante è bello? Perché il carbone fissa tutta l’attenzione a se stesso, mentre nel diamante si vede il sole e tutta la luce: attraverso di esso si vede qualche altra cosa, superiore alla pietra, che la fa bella”.

Vladimir Solov’ëv

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Onnipotente per grazia

Posté par atempodiblog le 27 février 2010

 Onnipotente per grazia dans Beato Giacomo Alberione gospai

A Maria si fa questa dichiarazione: « Quanto può il Signore per natura, tu lo puoi per grazia ».

Beato Giacomo Alberione

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Invito al risveglio spirituale

Posté par atempodiblog le 26 février 2010

 Invito al risveglio spirituale dans Fede, morale e teologia verginemaria

La Regina della pace, nel suo splendido messaggio del 25 Febbraio, ci invita al risveglio spirituale, così come si appresta a fare la natura che sta entrando nel tempo di primavera.

« La natura si prepara ad offrire i colori più belli nell’anno », ci fa notare la Madonna, al cui occhio nulla sfugge dell’opera mirabile della creazione. « Io vi invito, figlioli, aprite i vostri cuori  a Dio creatore, perchè vi trasfiguri e modelli a propria immagine ».

Dio è il sole della nostra anima, alla cui luce e calore fioriscono tutti i germi di bene che egli ha seminato in noi, ma che non germogliano se non ci apriamo a lui nella preghiera e nell’amore.

La Madonna ci vuole far capire che stiamo vivendo un inverno spirituale e che è necessario che ci svegliamo « dal sonno stanco delle nostre anime ». La Quaresima non a caso coincide con la primavera e deve essere un tempo di risverglio spirituale, « a vita nuova », proprio come avviene nella natura.

Come l’inverno non ha l’ultima parola, ma deve cedere alla primavera, così anche la nostra vita non finirà con la morte, ma entrerà nella gloria di Cristo risorto. La Pasqua verso la quale siamo incamminati deve risvegliare nel cuore il desiderio di eternità.

Il cielo è la meta a cui  dobbiamo tendere e che possiamo raggiungere se ci lasceremo condurre dalla mano della Madre, « mano materna, mano d’amore ».

Padre Livio Fanzaga

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Devozione alla Divina Misericordia

Posté par atempodiblog le 22 février 2010

Domenica della Divina Misericordia dans Beato Michele Sopocko Ges-Misericordioso

Una volta Gesù mi disse:Il Mio sguardo da quest’immagine è tale e quale al Mio sguardo dalla croce”.

Il 22 febbraio 1931 Gesù apparve, in Polonia, a Suor Faustina Kowalska e le affidò il messaggio della Devozione alla Divina Misericordia. Lei stessa così descrisse l’apparizione: “Mi trovavo nella mia cella, quando vidi il Signore vestito di candida veste. Aveva una mano alzata in atto di benedire; con l’altra toccava la tunica bianca sul petto, dal quale uscivano due raggi: uno rosso e l’altro bianco. Dopo un istante, Gesù mi disse: Dipingi un quadro secondo il modello che vedi, e scrivici sotto: Gesù confido in Te! Desidero, inoltre che questa immagine sia venerata nella vostra Cappella e in tutto il mondo. I raggi rappresentano il Sangue e l’Acqua che sgorgano quando il mio Cuore fu trafitto dalla lancia, sulla Croce. Il raggio bianco rappresenta l’acqua che purifica le anime; quello rosso, il sangue che è la vita delle Anime. In un’altra apparizione Gesù le chiese l’istituzione della festa della Divina Misericordia, esprimendosi così: Desidero che la prima domenica dopo Pasqua sia la festa della mia Misericordia. L’anima, che in quel giorno si confesserà e si comunicherà, otterrà piena remissione delle colpe e delle pene. Desidero che questa Festa si celebri solennemente in tutta la Chiesa.

Il Diario di Santa Faustina Kowalska

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Il Santo Rosario e la bomba atomica di Hiroshima

Posté par atempodiblog le 22 février 2010

Su Hiroshima è caduta una bomba atomica.

Il Santo Rosario e la bomba atomica di Hiroshima dans Articoli di Giornali e News t52bu8

Lo scopo era di annientare Hiroshima per distruggere il potere militare giapponese.
Ma la Madonna, la Regina del Rosario, ha protetto miracolosamente una piccola comunità di quattro padri gesuiti, che vivevano nella casa parrocchiale, a soltanto otto isolati dal centro dell’esplosione. Padre Hubert Schiffer aveva 30 anni elavorava nella parrocchia dell’Assunzione di Maria, a Hiroshima. Ha dato la sua testimonianza davanti a decine di migliaia di persone: “Attorno a me c’era soltanto una luce abbagliante. Tutto a un tratto, tutto si riempì istantaneamente da una esplosione terribile. Sono stato scaraventato nell’aria. Poi si è fatto tutto buio, silenzio, niente. Mi sono trovato su una trave di legno spaccata, con la faccia verso il basso. Il sangue scorreva sulla guancia. Non ho visto niente, non ho sentito niente. Ho creduto di essere morto. Poi ho sentito la mia propria voce. Questo è stato il più terribile di tutti quegli eventi. Mi ha fatto capire che ero ancora vivo e ho cominciato a rendermi conto che c’era stata una terribile catastrofe! Per un giorno intero i miei tre confratelli ed io siamo stati in questo inferno di fuoco, di fumo e radiazioni, finché siamo stati trovati ed aiutati da soccorritori. Tutti eravamo feriti, ma con la grazia di Dio siamo sopravvissuti”.
Nessuno sa spiegare con logica umana, perché questi quattro padri gesuiti furono i soli sopravvissuti entro un raggio di 1.500 metri. Per tutti gli esperti rimane un enigma, perché nessuno dei quattro padri è rimasto contaminato dalla radiazione atomica, e perché la loro casa, la casa parrocchiale, era ancora in piedi, mentre tutte le altre case intorno erano state distrutte e bruciate. Anche i 200 medici americani e giapponesi che, secondo le loro stesse testimonianze, hanno esaminato padre Schiffer, non hanno trovato nessuna spiegazione a perché mai, dopo 33 anni dallo scoppio, il padre non soffriva nessuna conseguenza dell’esplosione atomica e continuava a vivere in buona salute. Perplessi, hanno avuto tutti sempre la stessa risposta alle tante loro domande: “Come missionari abbiamo voluto vivere nel nostro paese il messaggio della Madonna di Fatima e perciò abbiamo pregato tutti i giorni il Rosario. Ecco il messaggio pieno di speranza di Hiroshima: La preghiera del Rosario è più forte della bomba atomica! Oggi, nel centro della città ricostruita di Hiroshima, si trova una chiesa dedicata alla Madonna. Le 15 vetrate mostrano i 15 misteri del Rosario, che si prega in questa chiesa giorno e notte.

Un altro racconto di padre Schiffer aggiunge che avevano appena finito di dire Messa, e si erano recati a fare colazione, quando la bomba cadde:
« Improvvisamente, una terrificante esplosione riempì l’aria come di una tempesta di fuoco. Una forza invisibile mi tolse dalla sedia, mi scagliò attraverso l’aria, mi sbalzò, mi buttò, mi fece volteggiare come una foglia in una raffica di vento d’autunno. » Quando riaprì gli occhi, egli, guardandosi intorno, vide che non vi erano più edifici in piedi, fatta eccezione per la casa parrocchiale. Tutti gli altri in un raggio di circa 1,5 chilometri, si racconta, morirono immediatamente, e quelli più distanti morirono in pochi giorni per le radiazioni gamma. Tuttavia, il solo danno fisico che padre Schiffer accusò, fu quello di sentire alcuni pezzi di vetro dietro il collo. Dopo la resa del Giappone, i medici dell’esercito americano gli spiegarono che il suo corpo avrebbe potuto iniziare a deteriorarsi a causa delle radiazioni. Con stupore dei medici, il corpo di padre Schiffer sembrava non contenere radiazioni o effetti dannosi della bomba. In realtà, egli visse per altri 33 anni in buona salute, e partecipò al Congresso Eucaristico tenutosi a Philadelphia nel 1976. In quella data,
tutti gli otto membri della comunità dei Gesuiti di Hiroshima erano ancora in vita. Questi sono i nomi degli altri sacerdoti gesuiti che sopravvissero all’esplosione: Fr. Hugo Lassalle, Fr. Kleinsorge, Fr. Cieslik.
Un miracolo simile avvenne anche a Nagasaki
, dove un convento francescano – « Mugenzai no Sono » (« Giardino dell’Immacolata ») – fondato da San Massimiliano Kolbe rimase illeso come a Hiroshima. Dal giorno in cui le bombe caddero, i gesuiti superstiti furono esaminati più di 200 volte dagli scienziati senza giungere ad alcuna conclusione, se non che la sopravvivenza degli otto gesuiti all’esplosione fu un evento inspiegabile per la scienza umana.

Sapevate che nel 1945 il 70% dei cattolici giapponesi viveva a Nagasaki? Era “la città cattolica del Giappone”.

Testimonianza del prof. Hikoka Vanamuri – sopravvissuto di Hiroshima nel 6 agosto 1945 (tratto da: nelcuoredimaria): Hikoka Vanamuri, già professore all’Università di Tokio in filosofia, è stato intervistato in occasione del suo pellegrinaggio a Fatima, e così ha risposto: «Non tornerò in Giappone. Dopo anni di studi, dopo anni di meditazione ho compreso che la vita nell’atmosfera viziata di Buddha è rimasta un’inacidita testimonianza storica di paganesimo vociferante e mi sono convertito alla religione cattolica. La decisione l’ho presa dopo lo scoppio della bomba atomica su Hiroshima. Ero a Hiroshima per una ricerca storica. Lo scoppio della bomba mi trovò in biblioteca. Consultavo un libro portoghese e mi venne sott’occhio l’immagine della Madonna di Fatima. Mi sembra che questa si muovesse, dicesse qualcosa. All’improvviso una luce abbagliante, vivissima mi ferì le pupille. Rimasi impietrito. Era accaduto il cataclisma. Il cielo si era oscurato, una nuvola di polvere bruna aveva coperto la città. La biblioteca bruciava. Gli uomini bruciavano. I bambini bruciavano. L’aria stessa bruciava. Io non avevo portato la minima scalfittura. Il segno del miracolo era evidente. Non riuscivo tuttavia a spiegare quello che era successo. Ma il miracolo ha una spiegazione? Non riuscivo nemmeno a pensare. Solo l’immagine della Madonna di Fatima mi splendeva su tutti i fuochi, sugli incendi, sulla barbarie degli uomini. Senza dubbio ero stato salvato perché portassi la testimonianza della Vergine su tutta la terra. Il dott. Keia Mujnuri, un amico dal quale mi recai quindici giorni dopo stabilì attraverso i raggi X che il mio corpo non aveva sofferto scottature. La barriera del mistero si frantumava. Cominciavo a credere nella bellezza dell’amore. Imparai il catechismo ma sul cuore tenevo l’immagine di Lei, il canto soave di Fatima. Desideravo il Signore per confessarmi, ma lo desideravo per mezzo di Sua Madre».

Tratto da: La Signora di tutti i Popoli – Official Website: www.devrouwe.net
Fonte: Sursum Corda

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Fare un passo avanti nel cammino della propria conversione

Posté par atempodiblog le 19 février 2010

Fare un passo avanti nel cammino della propria conversione dans Fede, morale e teologia papafanzaga

Siamo entrati nel tempo di grazia della Quaresima, che deve essere un tempo di preghiera e di pentitenza, per arrivare spiritualmente rinnovati alla gioia della Pasqua. Ognuno di noi prenda, a tu per tu con Gesù, le sue decisioni concrete, per fare un passo avanti nel cammino della propria conversione.

Papa Benedetto al riguardo ci ha rivolto parole preziose, da meditare nel silenzio del cuore:« Conversione è andare controcorrente, dove la ‘corrente’ è lo stile di vita superficiale, incoerente e illusorio, che spesso ci trascina, ci domina e ci rende schiavi del male o comunque prigionieri della mediocrità morale. Con la conversione, invece, si punta alla misura alta della vita cristiana, ci si affida al Vangelo vivente e personale, che è Gesù Cristo.
Cristo è dunque la meta finale e il senso profondo della conversione. E’ Lui la via sulla quale tutti sono chiamati a camminare nella vita, lasciandosi illuminare dalla sua luce. In tal modo la conversione manifesta il suo volto più splendido e affascinante:
Non è una semplice decisione morale, che rettifica la nostra condotta di vita, ma è una scelta di fede, che ci coinvolge interamente nella comunione intima con la persona viva e concreta di Gesù. Convertirsi e credere al Vangelo non sono due cose diverse o in qualche modo soltanto accostate tra loro, ma esprimono la medesima realtà ».

Padre Livio Fanzaga

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Il virus nichilista che contagia il capitalismo

Posté par atempodiblog le 19 février 2010

Il virus nichilista che contagia il capitalismo dans Articoli di Giornali e News pensa

Nel riflettere su cause, conseguenze e soluzioni di questa crisi economica, ritengo che non sia il capitalismo a dover avere sensi di colpa bensì piuttosto il moralismo perduto. Ciò perché l’origine vera della crisi è di ordine morale. Il comportamento dell’uomo economico operante in un sistema capitalistico è regolato dal suo pensiero. Se la crisi è nel suo pensiero si trasferirà inesorabilmente nelle azioni, perciò ritengo che se qualcuno debba aver « sensi di colpa » sia piuttosto chi ha avuto la responsabilità morale di ispirare tali comportamenti.
Non è poi così difficile risalire a questa responsabilità. Essa risiede nel pensiero nichilista che ha confuso le ultime generazioni dissacrando l’uomo, riducendolo ad animale intelligente da soddisfare appunto solo materialmente. Pertanto trovo ingiusto responsabilizzare uno strumento, come il capitalismo, anziché chi lo ha mal usato perché mal ispirato.
Il mondo dell’impresa non è in contraddizione con il pensiero etico o non etico, sono due cose diverse. Il primo spiega cosa fare, il secondo spiega perché. Già Sant’Agostino scrisse che da oriente a occidente sta disteso un gigantesco malato contagiato da un virus universale che non provoca malattie fisiche, ma nelle idee e perciò nel comportamento. Perché se lo spirito è malato lo diventa anche il comportamento, economico in specifico.
Questo virus, questo pensiero nichilista che rifiuta ogni valore e verità oggettiva e porta a considerare l’uomo solo un animale intelligente da soddisfare materialmente, impedisce all’uomo di fare vera economia arrivando a ignorare persino le leggi di economia naturale e negare la vita, camuffare le leggi economiche, barare nel loro uso. In pratica sovvertendo le leggi stesse dell’economia, come è successo negli ultimi anni. È il nichilismo il nemico dell’economia perl’uomo.
Ora, oltre a fare tanti progetti di soluzione della crisi, sarebbe bene cercare di lavorare anche sulle idee, distinguendo che cosa è mezzo da che cosa è fine, e pertanto smettendo di riconoscere all’economia una sua autonomia morale, facendola tornare alla responsabilità personale di chi fa economia. Ma anche il senso di responsabilità personale, essendosi un po’ affievolito, deve essere rieducato perché le scelte economiche producono effetti sociali e morali importanti.
È « come e perchè » queste leggi economiche sono applicate che spiega se si sta facendo o no vera economia. Deve anche esser rieducata perché mentre gli strumenti economici sono diventati piuttosto sofisticati (si pensi ai famosi prodotti finanziari derivati), l’uomo sembra aver avuto una evoluzione inversa di maturità nella conoscenza e sapienza.
Così questi strumenti tendono a sfuggirgli di mano… (come predisse Giovanni Paolo II nella Sollecitudo). Provocando e gestendo questa crisi, l’uomo immaturo ha dimostrato di saper sprecare molte risorse anziche valorizzarle; ha sostenuto uno sviluppo economico incompleto, fittizio e persino falsato; non ha operato per la distribuzione della ricchezza come avrebbe dovuto.
La presunta autonomia morale, sempre nichilista, dell’economia ha portato a prescindere relativisticamente da valori e regole etiche, spingendo al massimo egoismo e ricerca del piacere e potere. Non solo, lo ha portato a credere che etico sia solo ciò che si tocca. Che sia il profitto in quanto tale (prescindendo da come si è creato) o le cose disponibili in un sistema consumistico e materialistico.
Sì, c’è una crisi morale alla base di questa economica, c’è una crisi che si fonda sulla certezza che solo la libertà totale (anche irresponsabile e ignorante) può condurre alla conquista della verità, anziché il contrario. Che cioè la vera libertà nasca solo dall’accettazione di una verità originale. Senza questa verità, per esempio, la soluzione di questa crisi nel nostro paese si potrebbe trovare a breve in una bella bolla edilizia condita da dosi massiccie d’inflazione (con evidenti vantaggi e svantaggi), anziché in un giusto periodo di austerità condita da sobrietà dovuta, dato un benessere precedente insostenibile.
Persino Bertrand Russell scrisse profeticamente che, senza il senso morale civile, le comunità spariscono e senza morale privata la loro sopravvivenza non ha valore… In fondo se, ragionando nichilisticamente, la vita umana non ha un senso, perché mai dovrebbe averlo l’economia? La risposta si trova nella Caritas in Veritate di Benedetto XVI.

di Ettore Gotti Tedeschi – Il Sole 24 ORE

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Approfittiamo del tempo di grazia della Quaresima

Posté par atempodiblog le 17 février 2010

Approfittiamo del tempo di grazia della Quaresima dans Padre Livio Fanzaga ilrisorto

Approfittiamo del tempo di grazia della Quaresima. E’ un tempo di conversione, nel quale emendare la nostra vita dalla schiavitù del peccato. Però non riusciremo a farlo se non siamo mossi dall’amore.

Perché nel cuore si accenda la fiamma dell’amore dobbiamo pensare a Gesù nei momenti della sua passione. Quanto ha sofferto nel corpo e nel cuore per amore nostro!

Nella preghiera chiediamo la grazia di capire quanto Gesù ci ha amato e ci ama. Forse il ghiaccio del nostro cuore si scioglierà.

Pensiamo a quello che ha fatto per ognuno di noi, perchè fossimo salvi e felici. Forse anche noi incominceremo a fare qualche cosa per Lui.

Non ci peserà bere anche noi qualche goccia del suo calice amaro. Capiremo che vivere un po’ della sua passione nella nostra vita è una grande grazia.

Durante questa Quaresima cresciamo nell’amore per Gesù. Ci aiuterà molto il meditare il racconto della passione e la preghiera davanti alla croce. Prima di andare a letto baciamo con amore il Crocifisso.

Padre Livio Fanzaga

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Davvero la vita è bella?

Posté par atempodiblog le 15 février 2010

Davvero la vita è bella? dans Marina Corradi lager

Ho una amica che dice che la vita è bella. Bella comunque.

Ho una amica che dice che la vita è bella. Bella comunque. Bella perché si respira. E ogni volta che mi vede, questa amica mi domanda sorridendo: allora, Marina, la vita è bella? Sono certa che lo fa, benevolmente, per farmi arrabbiare. E quando me lo dice, a me viene in mente quell’ultimo particolare che ho annotato, come in un segreto taccuino, insieme a tutte le slabbrature e gli squarci che ogni giorno vedo, in questa nostra vita che mi corre davanti. Non è solo Haiti, pure con la sua deflagrante atrocità. Non è solo il Darfur, né le migliaia di aborti ogni giorno serenamente praticati in Occidente. Né è solo il presente. Un sito ebraico ha messo online le foto di centinaia di ebrei italiani morti nei lager. Molti bambini. Le foto li ritraggono prima della “partenza”, ben vestiti, ridenti, le bambine con le trecce e i fiocchi nei capelli. In queste foto “normali” è ancora più evidente la mostruosità. Ti immagini quei bambini uguali ai tuoi strappati alle madri, spinti come pecore, tra urla straniere caricati in treni che partono per sempre. In queste nostre stesse città, poco più di 65 anni fa. La vita, Anna, era bella anche quel giorno? Ed era bella in quegli istituti per orfani e handicappati di Chisinau, in Moldavia, che a distanza di dieci anni rivedo ancora come fosse ieri – quegli occhi di bambini, grandi, attoniti, come ancora meravigliati, nella loro innocenza, di tanto dolore?
E, restando nel presente, di queste storie di inermi clochard bruciati o pestati a sangue così, per gioco, vogliamo parlarne? E senza andare neanche nella cronaca nera, certe sere mi restano in mente gli occhi di qualche vecchio che rincasa solo, adagio, con una magra borsa della spesa in mano; faccia anche lui di mille profonde solitudini, quiete tra le nostre case.
No, Anna, per me la vita non è bella, almeno non come intendi tu. A vent’anni ti avrei detto, dura, che a me stare al mondo non piaceva. Ci ho messo tanto tempo, ma ora comincio a capire dove stia la bellezza della vita, così a lungo incomprensibile. La bellezza per me sta in un Dio che ora intravedo, dentro e accanto a ogni uomo, compagno di ogni passo, e curvo insieme a lui sotto a ogni sofferenza. Un Dio che si è fatto compagno, che colma di sé ogni stanza di dolore. E parallelamente la bellezza sta in una recondita ansa dell’anima, per cui anche il peggiore degli uomini, senza saperlo, tuttavia attende. Spesso non sa cosa. E però una magari infinitesima parte di lui aspetta una bellezza che si riveli.
Ripenso a me liceale che, arrabbiata, dicevo ai miei compagni: ma non vedete che tutto è una illusione? Non avevo completamente torto, ma parlavo come un lucido pagano dell’anno 100 a.C. Perché c’è una bellezza possente nella vita, ma è in Cristo. È nell’andare, per strade pigre o banali o drammatiche, affaticati e mendicanti; magari ladri e bugiardi, magari invece facce di misericordia. In attesa però: che quella Bellezza incarnata, morta, risorta, infine pienamente si riveli. Come scrive Paolo ai Corinzi: «Oggi vediamo come in uno specchio, oscuramente; ma un giorno vedremo in modo chiaro, faccia a faccia».

di Marina Corradi – Tempi

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Le apparizioni di Pellevoisin

Posté par atempodiblog le 14 février 2010

Prefazione del libro
‘La Tutta Misericordiosa – Le apparizioni di Pellevoisin’
di Padre Angelo Maria Tentori

Le apparizioni di Pellevoisin dans Apparizioni mariane e santuari Pellevoisin

Dal titolo del libro è facile pensare che l’attributo di <<misericordiosa>> nei riguardi di Maria santissima sia quello con cui la Chiesa la invoca fin dai primi secoli.
In realtà è lei stessa a definirsi così nel corso delle sue apparizioni a Pellevoisin (Francia) nel 1876, avallandone così il titolo e la missione.
E’ l’immaginario comune ormai che la Madonna appaia soltanto ai bambini o tutt0al più ad adolescenti, ma non è sempre così. Sono molti i casi in cui è apparsa a persone adulte, come a Pellvoisin dove la veggente, Estelle Faguette, ha trentatré anni.
Era infatti necessario che fosse una persona adulta perché il messaggio che la Vergine santa voleva dare al mondo toccava nel vivo uno dei più grandi misteri della fede: quello della sofferenza.
Maria santissima, con dolcezza e affabilità, fornisce una spiegazione, o meglio una motivazione del dolore e della Divina Provvidenza apparentemente noncurante di fronte alle invocazioni a volte sul filo della disperazione.
A Pellevoisin viene data una spiegazione teologica: la conformazione a Cristo, e a Cristo Crocifisso, con il richiamo delle sue cinque piaghe.
Estelle, giunta al termine della sua giovane vita per mali incurabili, con la prospettiva di lasciare nella miseria gli anziani genitori e una piccola nipote rimasta orfana, decide di scrivere una lettera alla Madonna, visto che le sue preghiere rimanevano senza risposta.
E la Vergine santa risponderà qusta volta, non con un’altra lettera, ma visitandola personalmente più volte.

In queste apparizioni, Maria non solo ribadirà quel titolo che la Chiesa da sempre le rivolge, ma aggiungerà qualcos di più: lei è la <<tutta misericordiosa>>, quasi a fare della misericordia la sua identità specifica.
Inoltre, si presenta a Estelle come <<maestra di vita spirituale>>. Lei che è stata la prima discepola di Cristo vuole comunicare alla veggente e alla Chiesa tutta, quella sua esperienza.Non manca poi in alcune di queste visite la presenza disturbatrice del diavolo in forma visibile però, all’arrivo di Maria, è costretto ad allontanarsi.
Nota consolante: Maria santissima prega al posto della veggente quando questa, sopraffatta dai dolori della malattia, non riesce più a farlo.
E, nonostante tutte quelle sofferenze, Estelle ha la certezza e il coraggio di asserire di Maria che <<malgrado i nostri peccati, abbiamo una buona madre che ci « coccola » e intercede per noi>>.
Ma la Madonna ribadisce anche un’altra verità di fede nei suoi riguardi, la funzione di <<mediatrice delle grazie>>. <<Je suis maitresse de mon Fils>>, dice; cioè <<Io sono la « padrona » di mio Figlio>>, preché questi nel suo amore per lei e per noi, non sa rifiutarle nulla.
Espressione questa già affermata in tempi lontani dal papa Pio VII: <<Advocata petit, ancilla orat, mater imperat>>, che significa: <<Come avvocata chiede, come ancella prega, come madre comanda>>.
Ma la sua è sempre la stessa misericordia di Dio che in lei acquista le connotazioni propriamente materne. <<Queste grazie sono di mio Figlio>>, dice. <<Io le prendo dal suo cuore; lui non può rifiutarmele>>.

Tra i vari richiami di Maria in queste apparizioni vogliamo ricordarne solo due che ci sembrano inusitati. Il primo è il richiamo alla semplicità e alla calma interiore. <<Se vuoi servirmi>>, dice alla veggente, <<si semplice e che le tue azioni corrispondano alle tue parole>>.
E il secondo è l’esortazione al <<coraggio>>, a non avere paura, ad affrontare le difficoltà con forza d’animo. E di non piangere. Perché lei ci è accanto come lo fu accanto al Figlio in croce.

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La casa della vita

Posté par atempodiblog le 10 février 2010

La casa della vita dans Riflessioni casasullenuvole

Prendete la vita come una nuvola che passa in fretta nel cielo dell’estate, o come la bellezza di un roseto profumato che non dura a lungo. Considerate la vita come una casa in cui non potete restare per molto tempo: potete abitarci dieci, cento o mille anni, ma alla fine arriverà il giorno in cui dovrete lasciarla. E date al denaro lo stesso valore che date ai sassi del sentiero, perché se lo spendete non vi resterà niente e se lo risparmiate sarà come se aveste risparmiato dei sassi. (Kader Abdolah) [...]
La lezione è comune a tutte le sapienze. La bellezza ben presto sfiorisce, la vita si dissolve in un moto inarrestabile, il denaro scivola via e non riesce a rendere veramente felici. C’è un’immagine sulla quale ci soffermiamo, quella della casa della vita. Essa non è fatta solo di mura, entro le quali si sta bene, di oggetti cari, di gioielli e di libri, ma anche di affetti, di piaceri, persino di realtà tristi a cui però ci si sente legati. Ecco, più spesso dovremmo immaginare e prefigurare il distacco da tutto questo, per trasmigrare verso quello che la tradizione musulmana designa come «la più importante di tutte le case», la tomba e l’oltrevita. Un richiamo severo ma salutare al distacco, con lo sguardo fisso a ciò che non perisce ed è eterno.

di Gianfranco Ravasi

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LOURDES: gli incontri di Bernardetta Soubirous con la Vergine

Posté par atempodiblog le 10 février 2010

LOURDES: gli incontri di Bernardetta Soubirous con la Vergine dans Apparizioni mariane e santuari santuariodilourdes

Giovedì 11 febbraio 1858: L’Incontro
Accompagnata dalla sua sorella e da un’amica, Bernardetta si reca a Massabielle, lungo il Gave, per raccogliere ossa e legna secca. Mentre si sta togliendo gli zoccoli per attraversare il fiume, sente un rumore che somigliava ad un colpo di vento, essa alza la testa verso la Grotta: “IO SCORSI UNA SIGNORA VESTITA DI BIANCO. INDOSSAVA UN ABITO BIANCO, UN VELO BIANCO, UNA CINTURA BLU ED UNA ROSA GIALLA SU OGNI PIEDI”. Fa il segno della croce e recita il rosario con la Signora. Terminata la preghiera, la Signora scompare bruscamente.

Domenica 14 febbraio: L’acqua benedetta
Bernardetta sente una forza interna che la spinge a tornare alla Grotta nonostante il divieto dei suoi genitori. Su sua insistenza, la madre glielo permette; dopo la prima decina del rosario, vede apparire la stessa Signora. Le getta dell’acqua benedetta. La Signora sorride ed inchina la testa. Finita la preghiera del rosario, scompare.

Giovedì 18 febbraio: La Signora parla
Per la prima volta, la Signora parla. Bernardetta le presenta una penna e un pezzo di carta e le chiede di scrivere il suo nome. Lei le risponde: “Non è necessario”, ed aggiunge: “Non ti prometto di renderti felice in questo mondo ma nell’altro”. “Potete avere la gentilezza di venire qui durante quindici giorni?”.

Venerdì 19 febbraio: Apparizione breve e silenziosa
Bernardetta va alla Grotta con una candela benedetta ed accesa. È da questo gesto che è sorta l’abitudine di portare candele ed accenderle dinanzi alla Grotta.

Sabato 20 febbraio: Nel silenzio
La Signora le ha insegnato una preghiera personale. Alla fine della visione, una grande tristezza invade Bernardetta.

Domenica 21 febbraio: “Aquero”
La Signora si presenta a Bernardetta la mattina presto. Un centinaio di persone l’accompagna. In seguito è interrogata dal commissario di polizia Jacomet. Vuole farsi dire ciò che ha visto. Bernardetta gli parla soltanto di “AQUERO” (Quella)

Martedì 23 febbraio: Il segreto
Circondata da cento cinquanta persone, Bernardetta si reca alla Grotta. L’Apparizione le rivela un segreto “SOLAMENTE PER SE STESSA”.

Mercoledì 24 febbraio: Pénitenza!
Messaggio della Signora: “Penitenza! Penitenza! Penitenza! Pregate Dio per i peccatori! Bacerete la terra in espiazione per i peccatori!
”.

Giovedì 25 febbraio: La fonte
Trecento persone sono presenti. Bernardetta dice: “LEI MI HA DETTO DI ANDARE A BERE ALLA FONTE (…) TROVAI SOLTANTO UN PO’ DI ACQUA FANGOSA”. “ALLA QUARTA PROVA POTEI BERE. LEI MI HA FATTO ANCHE MANGIARE DELL’ERBA CHE SI TROVAVA VICINO ALLA SORGENTE. QUINDI LA VISIONE SCOMPARVE. E POI ME NE ANDAi”. Dinanzi alla folla che le dice: “Sai che ti credono pazza facendo cose simili?” risponde soltanto: “È PER I PECCATORI”.

Sabato 27 febbraio: Silenzio
Ottocento persone sono presenti. L’Apparizione è silenziosa. Bernardetta beve l’acqua della fonte e compie i gesti abituali di penitenza.

Domenica 28 febbraio: Penitenza
Più di mille persone assistono all’estasi. Bernardetta prega, bacia la terra e cammina con le ginocchia in segno di penitenza. E’ subito condotta a casa del giudice Ribes che minaccia di metterla in prigione.

Lunedì 1° marzo: Primo miracolo
Più di millecinquecento persone sono raccolte e fra esse, per la prima volta, un sacerdote. Nella notte, Caterina Latapie, di Loubajac, si reca alla Grotta, immerge il suo braccio slogato nell’acqua della fonte: il suo braccio e la sua mano ritrovano la loro mobilità.

Martedì 2 marzo: Messaggio ai sacerdoti
La folla aumenta sempre di più. La Signora le dice: “DITE AI SACERDOTI CHE SI VENGA QUI IN PROCESSIONE E CHE SI COSTRUISCA UNA CAPPELLA”. Bernardetta ne parla al sacerdote Peyramale, parroco di Lourdes. Quest’ultimo non vuole sapere che una cosa: il nome della Signora. In più esige una prova: veder fiorire il roseto (o rosa canina) della Grotta in pieno inverno.

Mercoledì 3 marzo: Un sorriso
Bernardetta si reca alla Grotta già alle 7 del mattino, in presenza di tremila persone, ma la visione non viene! Dopo la scuola, sente l’invito interiore della Signora. Si reca alla Grotta e le chiede il suo nome. La risposta è un sorriso. Il parroco Peyramale le ripete: “Se la Signora desidera realmente una cappella, che dica il suo nome e che faccia fiorire il roseto della Grotta”.

Giovedì 4 marzo: Il giorno più atteso!
La folla sempre più numerosa (circa ottomila persone) attende un miracolo alla fine di questa quindicina. La visione è silenziosa Il parroco Peyramale resta sulla sua posizione. Durante 20 giorni, Bernardetta non si recherà più alla Grotta, non sentendo più l’invito irresistibile.

Giovedì 25 marzo: Il nome che si attendeva!
La Visione rivela infine il suo nome, ma il roseto (o rosa canina) sul quale la Visione pone i piedi nel corso delle sue apparizioni, non fiorisce. Bernardetta dice: “LEI ALZO’ GLI OCCHI AL CIELO, UNENDO, IN SEGNO DI PREGHIERA, LE SUE MANI CHE ERANO TESE ED APERTE VERSO LA TERRA, MI DISSE: «IO SONO L’IMMACOLATA CONCEZIONE»”.
La giovane veggente parte correndo e ripete continuamente, durante il cammino, parole che non comprende. Queste parole impressionano il burbero parroco. Bernardetta ignorava quest’espressione teologica che descrive la Santa Vergine. Quattro anni prima, in 1854, il papa Pio IX ne aveva fatto una verità della fede cattolica (dogma).

Mercoledì 7 aprile: Il miracolo della candela
Durante questa Apparizione, Bernardetta tiene la sua candela accesa. La fiamma circondò lungamente la sua mano senza bruciarla. Questo fatto è immediatamente constatato dal medico, il medico Douzous.

Giovedì 16 luglio: Ultima apparizione
Bernardetta sente il misterioso appello della Grotta, ma il suo accesso è vietato e chiuso da una inferiata. Si reca dunque di fronte, dell’altro lato del Gave. “MI SEMBRAVA DI ESSERE DINANZI ALLA GROTTA, ALLA STESSA DISTANZA DELLE ALTRE VOLTE, IO VEDEVO SOLTANTO LA VERGINE, NON L’HO MAI VISTA COSÌ BELLA!”

Fonte: Santuario di Lourdes
Tratto da: Luci sull’Est

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Guardare con gli occhi della misericordia i fratelli che soffrono

Posté par atempodiblog le 6 février 2010

Guardare con gli occhi della misericordia i fratelli che soffrono dans Fede, morale e teologia papaeisofferenti

L’11 Febbraio, ricorrenza della prima apparizione della Vergine Immacolata a Lourdes, la Chiesa celebra la Giornata Mondiale del malato.  E’ un invito a guardare con gli occhi della misericordia i fratelli che soffrono, ad imitazione di Gesù, che, pur nella fatica dell’apostolato, non ha mai trascurato i malati. Per alcuni la malattia è un’esperienza passeggera, per altri è uno stato di vita permanente. Specialmente verso questi ultimi dobbiamo avere un riguardo particolare. Tutto ciò che avremo fatto per loro è come se l’avessimo fatto a Gesù. Non trascuriamo i nostri malati e non lasciamoli nella loro solitudine. Le persone anziane e i disabili abbiano il primo posto nel nostro cuore.

Dobbiamo aiutare i malati a guardare alla loro sofferenza nella luce della fede.  Nessuno più di loro è unito alla Croce del Signore e partecipa con lui all’opera della redenzione delle anime. La malattia accettata e offerta è una fonte insesauribile di grazie. Come non essere grati a quei malati che ci accolgono col loro sorriso dolce e paziente?

Santa Bernadetta, con la sua vita crocifissa, ha ottenuto che Lourdes fosse un luogo di benedizione per tutti i malati del mondo. Affidiamo alla sua intercessione in modo particolare tutti i malati che ascoltano Radio Maria, perché lo Spirito Santo riveli ai loro cuori il valore inestimabile della sofferenza.

di Padre Livio Fanzaga

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Lourdes come non l’avete mai letta

Posté par atempodiblog le 6 février 2010

Ecco i testi (semisconosciuti in Italia) che i giganti della letteratura hanno dedicato al santuario mariano più famoso del mondo
di Paolo Greco – Tempi

Lourdes come non l'avete mai letta  dans Apparizioni mariane e santuari lourdes

«Malgrado tutto, come siete strana, Madre Nostra! Qui, da principio non vi riconoscevo in questa immagine di giovinetta, di prima di Betlemme e di prima del Golgota… Voi che, mentre eravate viva in terra non avete fatto mai miracoli, ne fate ora… Luce di bontà che non conosce sera, rifugio degli afflitti, Maria, sorgente di ogni compassione, Madre di ogni pietà». È suggestiva l’immagine della Madonna – quasi sempre silenziosa nel Vangelo, anche dinnanzi alla Croce, e che a Lourdes appare e compie miracoli – di Karl-Louis Huysmans, che troviamo in La folla di Lourdes, libro che risale al 1907, poco prima della sua morte. Pur non essendo tra i più noti lavori dell’autore di A ritroso, Laggiù e En Route (la descrizione del percorso che lo porterà alla conversione al cattolicesimo), La folla di Lourdes contiene pagine intense e di profonda verità, anche sugli aspetti degenerativi della cittadina. L’autore francese, con la sua scrittura nervosa e irregolare che ne rifletteva il carattere difficile, non poteva non rilevare i contrasti fra l’aspetto spirituale e la contrastante realtà di quanto vedeva a Lourdes, divenuta regno dei bottegai e affollata di pellegrini «che sostano davanti ai negozi di oggetti religiosi, sulle cui insegne si legge il nome di Soubirous… così la famiglia agita come una bandiera commerciale il nome della veggente…» ma senza che ciò sminuisse l’autenticità della sua fede.
«Bisogna confessare che a Lourdes si vive in uno straordinario clima spirituale», scrive. «Ci si muove nella camera di combustione della pietà. Le ininterrotte urla di Ave, il continuo ondeggiare di folle che si ha sotto gli occhi, l’incessante spettacolo di gente che soffre e di gente che si diverte, mangia e beve seduta sull’erba, come in una gita domenicale, alla fine sbalordisce. Si vive in una dimensione senza proporzioni; il massimo del dolore, il massimo della gioia: ecco Lourdes». Di Lourdes si sono occupati molti grandi scrittori ma se ne è parlato poco nei centocinquant’anni dalla prima apparizione della Vergine Maria a Bernadette Soubirous, l’11 febbraio del 1858, anche perché si tratta di libri introvabili in Italia, se non in poche biblioteche, o addirittura mai tradotti. Per citarne alcuni oltre a Huysmans, troviamo i nomi di Maurice Barrès, Leon Bloy, Francis Jammes, François Mauriac, Franz Werfel, Emile Zola e Alexis Carrel, il medico francese convertitosi nel 1903 dopo aver assistito a un miracolo, futuro premio Nobel per la Medicina e autore del celeberrimo L’uomo questo sconosciuto. Nessuna altra località legata al culto mariano è stata oggetto di tanta letteratura e anche da questo punto di vista la città dei Pirenei raggiunge un primato, oltre a quello di essere il luogo di pellegrinaggio più famoso nel mondo, visitato ogni anno da oltre cinque milioni di persone, un numero superiore a quello di coloro che si recano alla Mecca o a Benares.

L’interrogativo di un demolitore
Il romanzo di maggior successo e clamore per le polemiche suscitate è Lourdes di Emile Zola, il maestro del naturalismo letterario, a cui si era ispirato l’amico Huysmans nelle prime opere e che non ha mai fatto mistero del suo radicale ateismo, pubblicato nel 1894 nella trilogia sulle Tre città: Parigi, Lourdes, Roma.
Zola si era recato una prima volta nella cittadina dei Pirenei nel 1891, per ritornarvi l’estate dell’anno successivo, durante un pellegrinaggio nazionale. Unitosi alla folla con il taccuino in mano per annotare scrupolosamente quanto vedeva, non riuscì a passare inosservato per la popolarità di cui godeva e la stampa avanzò persino l’ipotesi di una sua conversione, smentita dallo scrittore durante una visita al bureau medico delle constatazioni quando, pur avendo assistito ad una guarigione giudicata miracolosa, ribadì di «non credere ai miracoli, ma piuttosto al bisogno degli
uomini di credervi». Zola riteneva che la scomparsa di una malattia fosse da attribuire a fattori nervosi, di autosuggestione, sulla base delle teorie sostenute da Jean-Martin Charcot sull’isterismo.

La struttura narrativa di Lourdes – non dobbiamo dimenticare che ci troviamo di fronte a uno scrittore d’indiscutibile bravura – fu studiata per far colpo sul lettore, costruita com’è su un suggestivo percorso psicologico in chiave antireligiosa. Basti pensare al protagonista, un giovane sacerdote che proprio durante un viaggio a Lourdes perde la fede. Il romanzo suscitò un enorme scandalo. La Chiesa lo mise all’indice e Léon Bloy definì l’autore «il cretino dei Pirenei». Eppure alcuni hanno giudicato l’opera di Zola, nonostante le idee contenute, un lavoro avvincente se pensiamo alla coinvolgente capacità narrativa di Zola, superbo narratore delle folle di Parigi, degli scenari di massa, dei mercati, dello squallore delle periferie popolate da un’umanità umiliata da lavori massacranti, distrutta dall’alcool, da debolezze e vizi di ogni tipo, oltre alle miserie morali dei ricchi. A Lourdes lo scrittore francese è riuscito magistralmente a cogliere lo scenario corale del luogo: la moltitudine degli ammalati, dei moribondi, dei corpi dilaniati dalla sofferenza, dei loro accompagnatori, dei barellieri, dei medici, dei sacerdoti. Tutto il mondo del dolore, del disperato desiderio di guarire. Il suo è un affresco potente, una vera e propria sinfonia sull’infinita sofferenza e sulla misera umana, sulla forza della superstizione religiosa nell’illusione di ricevere l’aiuto dalla Vergine, in un’ironica e tragica cornice di preghiere e invocazioni senza fine. Ciò spiega la popolarità raggiunta dal libro, ma forse non ci si è soffermati, pur nel radicale pessimismo, su alcuni suoi sorprendenti aspetti. Il rispetto per Bernadette, ad esempio, che suona strano in un testo tanto sprezzante. Lo dimostra l’episodio in cui il sacerdote protagonista, che avverte già nel suo cuore lo spegnersi della fede, incontra dopo molto tempo un amico medico conosciuto anni prima a Parigi, allora convinto ateo e poi convertitosi, dopo la morte della moglie e della figlia, e andato a vivere a Lourdes abbandonando la professione. L’uomo è vecchio, schiacciato dalla solitudine e dal dolore, ma conserva la speranza di rivedere un giorno i suoi cari. Non sostiene, come in passato, che Bernadette fosse un’ammalata, un’allucinata. Racconta d’averla incontrata, nel convento in cui si era ritirata, e di aver trovato «una creatura pura ed adorabile», dagli «occhi stupendi, di una limpidezza infantile, che non parlava mai delle sue visioni e svolgeva lavori umili». Bernadette non ha goduto, dice all’amico, del suo trionfo a Lourdes. «Se avesse avuto uno spirito intrigante e imperioso, la grotta sarebbe stata sua, sua la basilica, la vedremmo in un trono durante le cerimonie, sotto un baldacchino… Sarebbe lei a dispensare i miracoli, lei a guidare la folla al cielo con un gesto di comando, avrebbe preso parte al suo successo e invece se ne è spogliata, non ha partecipato al trionfo di cui è stata l’artefice». Descrizione bellissima in cui si avverte, nell’autore, pur nella sua impietosa e ironica visione di Lourdes e dello sconvolgente panorama «di tutte le malattie del mondo», quasi un momento di pausa, una nota dissonante, un’interrogazione silenziosa nell’ininterrotta invettiva contro la speranza e la superstizione. Si tratta di momenti, è vero, ma sono momenti che accrescono la tensione narrativa e che alla fine lasciano aperto il mistero di Lourdes, nonostante Zola si sforzi di demolirlo.

Tra fede e scetticismo
Neppure il racconto del 1931 Pellegrini di Lourdes di François Mauriac, premio Nobel per la Letteratura nel 1952 e da molti giudicato il massimo scrittore cattolico del secolo scorso, raggiunse il successo che si sarebbe potuto immaginare. È il racconto di due amici, Agostino e Sergio, assiduo credente il primo e scettico il secondo, che si trovano assieme a Lourdes. Il taglio narrativo dello scrittore, che aveva saputo superbamente descrivere nei suoi romanzi il conflitto fra la carne e lo spirito, qui è piuttosto debole. Le riflessioni di Agostino sono di natura religiosa sui santuari, sul culto delle Vergine, mentre i pensieri di Sergio sono aderenti alla visione di nichilismo e di sconforto di chi non crede. Lourdes, ammette l’uomo, è «il luogo in cui nessuno può evitare di guardare in faccia il suo destino. È impossibile per me fare a Lourdes tre passi senza chiedermi in cosa credo e in cosa non credo». L’uomo tuttavia desidera sfuggire a queste domande, sottrarsi a un mondo nauseabondo popolato da malati e da devoti, ritornare alla vita semplice, normale, anche se
ne avverte il vuoto, l’inconsistenza, come quando incontra in un ristorante due affascinanti amiche: i loro berretti assurdi, i buffi capelli arricciati, le gote e le labbra dipinte, le lunghe ciglia incollate gli appaiono ridicoli. «Ridevano senza aver voglia di ridere, ripetevano senza convinzione cose che avevano sentito dire. Le sente sincere solo quando si lamentano di dover cambiare i pneumatici poiché erano arrivate senza autista» e rifiuta di seguirle a Biarritz, dove, attorno alle povere creature che ricoprono le spiagge, fioriscono tutte le cupidigie. Pagina modernissima che ci ricorda il vuoto, il nulla che caratterizza la vita di molti giovani nella società odierna. Sergio tuttavia rimane ancorato ad un’esistenza priva di fede, senza speranza.

Il debito del fuggiasco
Il romanzo più commovente su Bernadette viene però paradossalmente da uno scrittore di formazione completamente diversa da quella cattolica. È Il canto di Bernadette dell’ebreo Franz Werfel. Nato a Praga nel 1890, amico di Franz Kafka e di Max Brod, amante della bella vita e terzo marito di Alma, vedova del musicista Gustav Mahler, tra le donne più affascinanti di Vienna e non solo intellettualmente, Werfel scrisse romanzi di successo tra i quali Una scrittura femminile azzurro pallida e, con intuito profetico pochi anni prima dello sterminio nazista degli ebrei, I quaranta giorni di Mussa Dagh, sulla deportazione degli armeni, la sua migliore opera. Abbandonata l’Austria per motivi razziali, nel 1940 lo scrittore si trovava con la moglie in Francia da dove cercò, senza riuscirvi, di raggiungere il Portogallo, attraverso la Spagna, per sfuggire ai tedeschi. Alcuni amici suggerirono allora alla coppia di cercare una via di scampo a Lourdes, dove le truppe di Hitler non erano ancora giunte. Werfel rimase nella cittadina alcune settimane in uno stato d’animo di angoscia e di paura, ma conobbe «qualcosa di grande importanza: la splendida storia di Bernadette Soubirous». Decise allora di fare un voto: se fosse riuscito a mettersi in salvo e raggiungere gli Stati Uniti avrebbe scritto un libro su di lei. Così è stato.
Il canto di Bernadette è un romanzo bellissimo, che «racconta meravigliosamente una storia meravigliosa» rigorosamente fedele ai fatti. Il successo fu tale che nel 1943 il regista Henry King ne girò un film con la splendida interpretazione di Jennifer Jones, film che ottenne ben quattro Oscar. L’autore probabilmente fece in tempo a vederlo, poiché sarebbe morto nel 1945 a Los Angeles. La lettura di Werfel insegna che per capire il mistero, il fascino di Lourdes, bisogna partire dalla semplicità, dalla modestia e dalla sottomissione di Bernadette, una poverissima ragazza, semianalfabeta e di salute cagionevole che un giorno vide in una grotta la « bella Signora » con il Rosario in mano che le disse di essere l’Immacolata Concezione – espressione di cui anche oggi pochi cattolici conoscono il significato – e che non sarebbe stata felice in questa vita ma in un’altra, come insegna il messaggio evangelico: non è in questo mondo che potremo trovare una risposta alla presenza del male e del dolore. Avrebbe potuto la semplice mente di Bernadette inventarsi queste parole? È la domanda alla quale il non credente deve dare una risposta. Nessuno fino ad ora ci è riuscito.

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Cerchiamo Dio, e niente di meno

Posté par atempodiblog le 3 février 2010

Riflessioni di Padre Jozo sulla preghiera.

Cerchiamo Dio, e niente di meno dans Medjugorje padrejozozovko

Durante l’incontro del  15 febbraio 1998 a  Molinetto di Mazzano (BS), Padre Jozo con forza e dolcezza, ci ha aiutati a comprendere il mistero della preghiera, grande dono di Dio fatto all’uomo per permettergli di incontrarLo.

La Madonna invita ancora a pregare. Se tu domandi cosa è Medjugorje, che cosa ha fatto la Chiesa a Medjugorje in questi sedici anni e sette mesi, io semplicemente rispondo: la Chiesa ha pregato, giorno e notte, ha fatto digiuno da sedici anni, ha pregato nelle famiglie, nella parrocchia, sulla collina delle Apparizioni, sul Kricevac. La Madonna, con grande amore e gioia, ha messo i messaggi nei nostri cuori. Due anni fa, in febbraio, la Madonna ha detto : “Cari figli, di nuovo vi invito alla conversione” e l’invito alla conversione è il messaggio più grande tra quelli che Lei ci ha dato. Vivete questo messaggio. La Madonna ha fatto una scala di valori per dirci cosa è importante: la nostra conversione. La conversione arriva con la preghiera. L’uomo che non prega non ha capito niente; l’uomo che non riesce a pregare non crede, non ama, non sa amare. L’uomo che non prega non riesce ad amare l’Eucarestia. Non importa se alla domenica va in chiesa. Provate a chiedergli perché va a messa. Lui non sa spiegare il perché. Tremo nel pensare a quello che potrebbe rispondere. Anche i sacerdoti che non pregano alla domanda del  perché pregano, non so cosa potrebbero rispondere. Solo l’uomo che prega può subito dire, con grande responsabilità, perché e a chi  crede. La preghiera fa incontrare Dio. E’ importante sapere cosa significa per noi pregare: significa un’esperienza con Dio. Incontrare Dio, ricevere la sua presenza, come tutti coloro che l’hanno incontrato. Cosa ha ricevuto Maria Maddalena? La propria conversione. L’uomo che prega si trova come Marta e Maria: nella propria famiglia ospita Gesù. La famiglia ascolta la sua parola, si sente onorata, benedetta, protetta. L’uomo che prega sa con chi si incontra, chi è Colui del quale pronunciamo il nome. E’ il nostro Dio, vivo e risorto, che abita in mezzo a noi. L’uomo che prega sa ascoltare e tenere la parola divina nel proprio cuore.  Questo la Madonna ha detto: “Solo con la preghiera potete cambiare il cuore”. L’uomo che prega con il cuore convertito, è cambiato. Può dire “Io credo”, non perché ha studiato teologia, ma perché “il Signore mi ha dato questo dono”, può dire “Dio è vivo, l’ho incontrato, ho parlato con Lui, ho visto Lui”. L’uomo che prega incontra Dio e sa testimoniare: “Io credo in Dio che è vivo”. Quante volte la Madonna ha detto: “Pregate”. Se oggi tu decidi di vivere anche solo questo messaggio, subito dopo tu sei aperta,  vicina al messaggio della Madonna di ascoltare la Parola di Dio. Nell’ultimo messaggio la Madonna ci invita alla preghiera. Tante volte ha detto ed ha sottolineato: “Pregate ogni giorno il rosario”. Senza la preghiera non si cambia il cuore. Ma come abbiamo il cuore duro! Molti non si sopportano più in famiglia. Per quelle persone che sono nella sala accanto e sono possedute (dal demonio n.d.r.), tutto è cominciato dalla mancanza di amore. Una di quelle ragazze piange e dice: “Mi vogliono portare in ospedale”. Ma no, cara, l’ospedale non serve. Per la tua guarigione ti serve l’amore. Tu non puoi perdonare, non riesci a perdonare, non sei educata in questo. Ti manca questa virtù: sopportare il prossimo, perdonare una ferita, perdonare un’ingiustizia, pregare per quelli che ti fanno male e soffrire. Non è semplice, ma è possibile. E’ grazie alla  preghiera di Gesù sulla croce “Padre perdona loro”, che il Padre ha accettato la preghiera. Per questo la Madonna, nell’ultimo messaggio ha detto: “Non permettete a satana che vi prenda in giro e faccia di voi quello che vuole”. L’uomo che prega chiude le porte davanti a satana e lui non può entrare. Può tentare, ma non riesce ad entrare, non riuscirà a fare nulla. Dov’è la debolezza, la mancanza della fede? E’ nella mancanza della preghiera. Oggi, carissimo, puoi aiutare il tuo popolo. Oggi aiutano di più, sono i veri benefattori della Chiesa, coloro che sanno pregare, che usano questa arma contro il nemico. Oggi la Chiesa è in difficoltà. Sono pochi i posti dove si prega veramente. Le cattedrali sono vuote e perfino la Madonna fatica ad entrare. E’ un problema.
Ma dove è oggi la Chiesa? Come si manifesta? Nella tua santità, nella santità dei sacerdoti che vivono dell’Eucarestia. Se abbiamo cancellato la Messa dalla vita quotidiana o dalla domenica, cosa possiamo aspettarci? Che possiamo vivere in pace, che abbiamo del bene, che in famiglia viviamo bene? Ma come? Non può stare bene l’uomo che perde un valore, un gioiello. Non può stare bene! La moglie che perde l’anello matrimoniale, non può stare bene. E’ nervosa, ha perso un simbolo, un valore che non si può valutare in denaro. Costa tutto, non si può pagare, non si sostituisce. Così non si può sostituire l’Eucarestia. Domenica, c’è la parrocchia che ti chiama, c’è la campana ed il comandamento divino che ti chiamano. Non si può perdere l’anello della fede, dell’unione con Dio Eucarestia.  E’ un dono. Il cuore di un  uomo che non va a Messa, non può avere un sorriso autentico e vero. Non importa ciò che noi pensiamo, ma ciò che dice Dio. Noi non possiamo essere soddisfatti con piccole cose, cerchiamo Dio e niente di meno.

Padre Jozo Zovko – Mir i Drobo

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