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… nella forza elementare della vita

Posté par atempodiblog le 24 janvier 2009

Costruire una vita felice nella forza elementare della vita
di Claudio Risé
Tratto da: ilmattino.it

I bravi ragazzi ci sono ancora. Le loro buone azioni, però, fanno notizia per un solo giorno, diventano un breve spot pubblicitario sul «bene», per lasciar subito spazio alle consuete celebrazioni dei soliti «cattivi e cattive ragazze» che, come dicono molte pubblicità: «Vanno dappertutto».
Come mai questo diverso trattamento del sistema di comunicazione, che a parole deplora il male, ma poi non si occupa granché di chi lo contrasta, non presenta la sua vita come esempio per gli altri? Prendiamo la storia di Ermir.
Diciassette anni, vive e studia al quartiere Laurentino di Roma, dove è arrivato dall’Albania 10 anni fa con la mamma, che ha potuto allora ricongiungersi al marito, meccanico. Ermir qualche giorno fa ha rischiato di farsi ammazzare per difendere un compagno, aggredito sul campo di basket del liceo da tre bulli con coltello e pistola. Un fendente gli ha perforato il polmone; è grave, ma ce la farà.

«Non potevo restare fermo e lasciarlo solo», ha raccontato uscendo dalla sala operatoria, «volevano fare del male al mio amico». Questa è la visione della vita del bravo ragazzo: il male da contrastare, il bene da favorire, gli affetti, come, appunto, l’amicizia, da mettere sempre al primo posto. Una visione molto semplice, netta, senza tante storie e tanti ragionamenti.
Anche se non la conosce, né ci pensa, un ragazzo così mette in pratica istintivamente l’esortazione di Gesù nel vangelo di Matteo: «Sia il vostro parlare sì, sì; no, no; il resto viene dal diavolo».
Forse è proprio per questa semplicità, così lontana dagli intorcinamenti pseudo psicologici dei trionfatori dei reality show, che il sistema delle comunicazioni punisce questi eroi di tutti i giorni, lasciandoli affacciare alla cronaca quando salvano la vita a qualcuno, ma poi condannandoli rapidamente al silenzio. Come si fa, infatti, a costruire una «tendenza» sulla semplice bontà?
Per fare tendenza ci vogliono (si pensa) cose complicate: bizzarrie sessuali, pettegolezzi, dispetti, carognate di cui i media possano parlare a lungo; raccogliendo testimonianze, personaggi di contorno; promuovendo consumi, gadgets, luoghi di ritrovo, meglio se un po’ ambigui e «maledetti».
Nel personaggio Ermir, invece, tutto questo manca. Qui non c’è nulla di superfluo, non ci sono optional. Una storia di autenticità: la lotta per la sopravvivenza nella povertà, il padre meccanico che viene da Durazzo a Roma, la famiglia che lo raggiunge, tutti che fanno la loro parte, con intelligente prontezza, e, di nuovo, senza far storie.
Ermir, per esempio, che è bravissimo a smontare e rimontare i motorini, per ora impara a scuola tutto quello che c’è da imparare, e poi farà l’ingegnere meccanico. Tutto semplice e lineare. Com’è caratteristico della forza vitale: una volta riconosciuta, e nutrita con gli affetti e le spinte elementari dell’esistenza (la fame, l’amore, la volontà di affermarsi per come si è), si sviluppa e si esprime. Il resto, il superfluo (che spesso è la materia prima dei commenti mediatici), qui manca del tutto.
Infatti, la forza è, da sempre, nelle cose, sentimenti e personaggi, semplici. «O sole mio», canzone tra le più amate e cantate in tutto il mondo, è semplicissima: «’O sole mio sta nfronte a te». Elementare, ogni innamorato lo pensa, da sempre.
«Non potevo restare fermo e lasciarlo solo, volevano fargli del male». Quintali di discorsi inutili polverizzati da un sentimento, e un comportamento conseguente. Persone così, fedeli alla forza elementare della vita, possono andare più lontano che da Durazzo a Roma: possono, con qualche rischio, costruire una vita felice.

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