Il presepe napoletano

Posté par atempodiblog le 5 décembre 2008

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Foto di via San Gregorio Armeno detta « via dei presepi »

Il presepe napoletano

[…] Poche cose sono più care al nostro cuore del presepe, poche cose sono più immediatamente indicative delle nostre radici cristiane. E Napoli, come spesso accade, sa incarnare tutto ciò meglio di qualsiasi altro posto al modo.
di Roberta Macchi – Radici Cristiane

Il presepe napoletano nasce come rappresentazione della Natività nel 1470, per mano dei fratelli Giovanni e Pietro Alemanno. Questa prima versione era costituita da figure lignee di grandezza quasi naturale e completamente prive di accessori, dal momento si riteneva potessero distogliere l’attenzione dall’importanza dell’evento sacro che raffiguravano. Si trattava dunque di immagini solenni che invitavano alla  religiosità e alla preghiera.
I primi cambiamenti di questa struttura cominciavano ad essere visibili nel corso del Cinquecento. Un documento notarile del 1532, infatti, attesta di un presepe con pastori in terracotta dipinta, realizzato per il nobile Matteo Mastrogiudice da Sorrento. A fare da sfondo al bue e all’asinello, ovviamente affiancati alla Sacra Famiglia, agli angeli e ai pastori, compaiono flebili accenni di scenografia si evidenzia qualche paesaggio leggero e appena abbozzato: la grotta, il monte e in lontananza il corteo dei re Magi. Pochi altri animali completano l’ambiente: un cane, una capra e le pecore.
Anche il presepe della cattedrale di Matera e quello del duomo di Altamura hanno la stessa disposizione. Interessante è vedere come convivano due tipi di pastori (quello in legno e quello in terracotta) e soprattutto che, rispetto alle dimensioni quattrocentesche, le misure cominciano a farsi piccole.
Per vedere affermarsi la figura dell’artista, inteso come creatore dei diversi personaggi presepiali, bisogna, aspettare la prima metà del 1600, mentre, poco più tardi, faranno il proprio ingresso pastori in cartapesta e manichini di legno con arti snodabili e vestiti di stoffa. Furono proprio questi ultimi a dare una nuova valenza al committente, che finalmente poteva plasmare la scena secondo il proprio gusto personale.
I momenti di maggiore importanza di questa tipologia di ricostruzione diventano tre: la natività di Gesù, l’annuncio della buona Novella ai pastori addormentati e gli avventori che mangiano nella taverna (da intendersi come sintesi dell’episodio della mancata ospitalità offerta alla Sacra Famiglia).
Proprio su quest’ultimo momento gli architetti si sbizzarrirono, facendo assurgere il presepe napoletano al suo massimo splendore. L’esposizione delle vivande si fa maestosa e opulenta, i volti dei personaggi e degli osti sono espressivi al punto da destare meraviglia: il presepe stesso si fa spettacolo.
E non si tratta di uno spettacolo minore ma di un vero e proprio ritratto del quotidiano, dove i poveri e gli storpi si accompagnano con sarcasmo ai nobili e alle loro sfarzose corti, il tutto realizzato attraverso materiali di pregio. Fu così che stoffe, gioielli, oro e argento cominciarono ad attirare un pubblico sempre più numeroso, e che nacquero le prime importanti collezioni private.

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