« E’ la felicità il nostro fine ultimo »

Posté par atempodiblog le 14 novembre 2008


Dopo aver appreso, ieri, che Eluana è stata condannata a morte, mi è tornata in mente mia nonna e una frase che mi disse un mio amico, anni fa, guardandola sulla sedia a rotelle, divorata dall’alzheimer e con lo sguardo perso nel vuoto: « dovreste sperare che muoia così smetterebbe di soffrire ». Fu una frase che mi spaventò. Forse l’orgine della frase va cercata nei banchi di scuola, dove ti insegnano che l’uomo deriva dalla scimmia, che tutto l’essere umano è ridotto al suo corpo e che con la morte finisce tutto. Quando guardo mia nonna, che ancora oggi è inchiodata tra la sedia a rotelle ed il letto, non risco proprio a vederla come una cosa. Se la guardo vedo una storia, una vita… Ma cos’è la vita? La vita è un cammino che dal tempo va all’eternità ed il Cielo è la meta a cui dobbiamo tendere. Se non riusciamo a capire questo, allora la vita perde il suo significato. Forse, se non ci fossero le sofferenze ci dimenticheremo di stare con il naso in su a guardare al Cielo, ci dimenticheremmo di Dio.
Santa Faustina Kowalska nel suo diario ha scritto che ‘la sofferenza è il tesoro più grande che ci sia sulla terra. Essa purifica l’anima. Nella sofferenza conosciamo chi ci è veramente amico. Il vero amore si misura col termometro della sofferenza’.
Davanti ad una persona cara che soffre (per malattia, per disoccupazione, ecc…) si rischia spesso di perdere la serenità e questo fa si che la nostra compassione sia imbevuta di preoccupazioni che ci portano ad analisi disperante.  E quando non c’è più la speranza, viene meno anche la gioia di vivere. Ma il richiamo di Dio si sente ancora oggi: « si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se questa donna si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai » (ls 49,15).
L’uomo di oggi confina Dio fuori dalla sua vita perché senza Dio è il signore di se stesso, senza Dio è padrone della vita. Così prima di nascere e durante la vita si è in pericolo con l’aborto e l’eutanasia.
Ho sentito dire che l’eutanasia è una forma di amore. Ho sentito che Eluana avrà una dolce morte, ma non è vero: morirà per agonia senza acqua e cibo. Morirà di stenti. 
L’avesse saputo prima forse avrebbe accettato questa fine, ma una volta che è entrata nella sofferenza le sue idee potrebbero essere diventate diametralmente opposte. Sperimentare le sofferenze su se stessi può cambiare le persone.
Da ieri è possibile, con una sentenza di tribunale, smettere di nutrire chi con le proprie forze non può farlo. Quanti malati possono rietrare in questa casistica? Mia nonna? Anni fa, alla radio, ascoltai di un padre, ormai anziano, che scoprendosi vecchio e con un figlio diversamente abile a cui badare, ebbe il terrore di pensare che un giorno il figlio si sarebbe ritrovato senza di lui, e proiettando nel futuro angosce e paure, pensò che il figlio poteva essere atteso da giorni di dolore, così prese una rivoltella e lo sparò.
Ma chi di noi può sentenziare quale vita può essere vissuta e quale invece può essere soppressa?
Mi hanno atterrito alcune dichiarazioni secondo cui le suore che hanno amato, nutrito e vegliato su Eluana per 14 anni sarebbero crudeli. Sono frasi così assurde da sembrare false; eppure, ritornando al mio orticello, c’è chi vedendo che la mia famiglia aiuta mia nonna dandole mani per farla bere, mani per nutrirla, mani per pulirla, braccia per sorreggerla, gambe per farla camminare e occhi per cullarla… ha detto la stessa cosa. Forse lo sguardo di alcune persone attraversa gli esseri umani, ma non si ferma dentro di loro.
Troppo spesso verso i nostri cari si ha più un sentimento di paura che di amore. Amore è fidarsi di Dio che ama queste persone a noi care infinitamente di più – e meglio – di noi.  Quindi se Dio tollera – anche se non vuole – alcuni mali è per preparare sempre dei beni più grandi o per evitarci dei mali maggiori. Dio da ogni male può trarre un bene più grande.
Comunque, non tutte le sofferenze vengono da Dio. Molte ce le procuriamo noi stessi. Noi che facciamo fatica a capire il male perché questo è nato dagli angeli, noi che senza le sofferenze non cercheremmo Dio…
Ci consola sapere che la sofferenza è sempre foriera di grazie. Non soffriamo da soli perché Dio facendosi uomo ha attraversato la sofferenza.
Se le sofferenze servissero a mia nonna per raggiungere il Paradiso o per avvicinare a Dio chi le è accanto, allora spero che queste continuino anche perché so che non è sola, perché con lei c’è Dio che lo ha promesso. Ma poi una persona che potesse vivere, in piena salute, 200 anni… preferirebbe essere felice nel tempo o nell’eternità che quando saranno passati miliardi e miliardi e miliardi e miliardi e miliardi di anni sarà solo l’inizio?
La promessa della vita eterna non elimina la sofferenza dalla nostra vita però le dà un significato ed una prospettiva. La sola speranza che rende vincenti sul dolore, sulla malattia, sulla vecchiaia e sulla morte.
Leon Bloy diceva che « il dolore non è il nostro fine ultimo, è la felicità il nostro fine ultimo. Il dolore ci conduce per mano sulla soglia della vita eterna ».

Une Réponse à “« E’ la felicità il nostro fine ultimo »”

  1. Daniela dit :

    Carissimo Angy
    con queste parole hai espresso in maniera estremamente chiara ed edificante la situazione del tempo che viviamo.
    Di più, esprimi quei concetti che invece per anni si è cercato di sdradicare dal cuore delle persone e tra questi la meravigliosa virtù della Speranza.
    La stessa Speranza attraverso la quale viviamo nel mondo, ma non siamo del mondo.
    Ma oggi chi vive di questa realtà?
    Di questa grande Assente si stanno avvertendo le prime e non ultime conseguenze: menzogna, ingiustizia, odio …. e tanto altro ancora, subdolamente divulgato come « libertà »!!!

Laisser un commentaire