Non c’è più irreligione
Posté par atempodiblog le 13 novembre 2008
NON C’E’ PIU’ IRRELIGIONE
di Antonio Socci – @ Libero
“Dawkins: ho perso la battaglia per l’ateismo”. “Il sacerdote del’ateismo: ho fallito”.
Questi due titoli del Corriere della sera (7/11) rilanciavano le dichiarazioni al Guardian del famoso ateo militante Richard Dawkins.
Sebbene chi lo intervistava lo confortasse con notizie d’irreligione montante, il professore di Oxford, sconsolato, vede “una maggiore influenza della religione”.
Aveva scritto un libro, “L’illusione di Dio”, che ha venduto un mare di copie, con “lo scopo dichiarato di ‘convertire’ i lettori all’ ateismo”, e ora, a consuntivo, Dawkins “ammette di aver fallito”.
Qualcuno ritiene addirittura che abbia finito per portare acqua al mulino dei “nemici”.
FAMOLO STRANO
La campagna ateistica lanciata sugli autobus di Londra per esempio è stata ideata da Ariane Sherine proprio con l’appoggio di Dawkins.
Ecco lo slogan: “Probabilmente Dio non esiste, smettete quindi di preoccuparvi e godetevi la vita”.
Probabilmente? E’ difficile immaginare un’idea più controproducente.
Innanzitutto da atei militanti, che pretendono di convincere gli altri, si esige che proclamino con certezza che Dio non esiste. Se neanche loro ne sono sicuri, chi pretendono di convincere?
Chiunque ricordi la celebre “scommessa” di Pascal (un genio della matematica e del calcolo, oltreché grande pensatore cristiano) sa che quel “probabilmente” basta ed avanza per scommettere sull’esistenza di Dio. E’ assai più conveniente.
In pratica lo slogan è un clamoroso autogol. Anzi due. Perché, in qualche modo, dà ragione a chi – con Dostoevskij – afferma “se Dio non c’è tutto è permesso”.
Tesi aborrita proprio dal pensiero laico che rivendica un suo codice morale.
Fanatismo
Stando a quello slogan, chi è certo che Dio non esiste e ne è ben felice, se la dovrebbe spassare. Non dovrebbe certo consumare i suoi anni in una faticosa propaganda dell’ateismo. Anche perché ritiene ovvio che Dio è una favola. Nessuno spreca i suoi giorni per convincere gli altri che i draghi non esistono.
Dawkins dovrebbe essere il primo ad applicare lo slogan che stava scritto sui bus di Londra: “Godetevi la vita”.
Invece ha dedicato l’esistenza a quella missione, si è fatto in quattro, con uno zelo che rasenta il fanatismo.
Russel Stannard, un fisico che si è occupato di rapporti fra scienza e Dio, intervistandolo, anni fa, nel libro “La scienza e i miracoli”, si diceva incuriosito dalla strenua lotta di Dawkins.
Sembra ossessionato da Dio. Ha versato fiumi di inchiostro. E’ uno degli intellettuali che più pensa a Dio. Ricorda un tipo del romanzo di Graham Greene, “La fine dell’avventura”.
Costui stava sempre ad Hyde Park a comiziare contro il cristianesimo, con un tale impegno che la protagonista del romanzo, Sara, da sempre agnostica, sentendolo tuonare di continuo, cominciò a porsi seriamente la domanda su Dio perché non si può odiare così il nulla.
Alla fine lei si converte e muore quasi in fama di santità.
Grande vecchio
Il padre dell’ateismo filosofico-scientifico moderno, quello a cui tutti si sono abbeverati, da mezzo secolo, è Antony Flew, 82 anni, grande carriera accademica alle spalle fra Oxford e gli Stati Uniti, che però, nel dicembre 2004, ad un convegno a New York, ha annunciato di essersi completamente sbagliato.
Alla luce delle ultime scoperte della biologia (specialmente il Dna) e della fisica dichiara di arrendersi all’evidenza razionale dell’esistenza di Dio.
Il grande vecchio ha pure spazzolato sonoramente i “rampolli” del’ateismo, come Dawkins.
Ma il suo eccezionale libro, peraltro godibilissimo, dove spiega i motivi di questa conversione, “There is God” (sottotitolo: “Come il più famoso ateo del mondo ha cambiato idea”), un libro che ha fatto scalpore in America, da noi non esce. Perché?
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