Obama Abbronzato? Sentite cosa dicevano Voltaire e Marx
di Antonio Socci
Fonte: © Libero – 7 novembre 2008
“Ho detto a Medvedev che Obama ha tutto per andare d’accordo con lui: è giovane, bello e anche abbronzato”.
Bisogna essere molto faziosi e molto prevenuti per trasformare queste parole di Berlusconi in una gaffe.
Da due giorni si celebra l’elezione del primo presidente nero della storia americana e si esalta il suo fascino e la sua avvenenza. Ma se è Berlusconi a dirlo, allora ci si stracciano le vesti.
E’ evidente che il premier italiano – alla sua maniera affabile e scanzonata – elogia l’aspetto del neoeletto che egli palesemente trova invidiabile. Mi pare il contrario del razzismo.
Il razzismo è l’ideologia che inventa le razze e squalifica alcuni gruppi umani come “inferiori” o discriminabili.
E’ comico che la stessa cultura “politically correct” che pretende di giudicare gli elogi di Berlusconi come razzismo, poi veneri come fari di progresso degli intellettuali che, proprio su questo aspetto, hanno scritto cose sconcertanti.
Una rassegna di questi “illuminati” ci è fornita da Léon Poliakov, grande storico dell’antisemitismo. Nel volume “Il mito ariano” (pubblicato da Editori Riuniti) partiva dalla voce “Negri” che si trova nella celebre Enciclopedia di Diderot e D’Alembert.
“Quanto esplicitamente a Diderot, gli accadeva di proclamare la superiorità bianca per bocca del suo ‘buon selvaggio’ tahitiano e di filosofare sulla razza inferiore dei lapponi”.
Le nostre anime belle della Sinistra resterebbero di sasso nel leggere queste parole di Poliakov: “Così alcuni degli esponenti più accreditati dei Lumi ponevano le basi del razzismo scientifico del secolo successivo”.
Con ciò intendevano combattere la Chiesa e la sua dottrina dell’ “unità del genere umano” fondata sulla Bibbia, sulla Genesi. Si credette di attaccarla in nome di “presupposti apparentemente scientifici”.
Voltaire – sì, proprio quello che è venerato come il maestro della tolleranza – manifesta, dice Poliakov, “un esclusivismo a cui non si saprebbe dare altra qualifica che quella di razzista e di cui i suoi scritti sono una testimonianza altrettanto valida della sua vita”.
Egli, spiega Poliakov, situava “i Negri nel gradino più basso della scala: i Bianchi erano ‘superiori a questi negri, come i Negri alle scimmie e le scimmie alle ostriche’ ”.
E nel suo “Essai sur les moeurs et l’esprit des nations” dopo “aver stabilito che ‘è permesso soltanto a un cieco di dubitare che i Bianchi, i Negri, gli Albini… sono razze completamente diverse’, bollava con l’epiteto di animali soprattutto i Negri”. Per non dire degli “attacchi antiebraici” vergati dallo stesso Voltaire nel Dictionnaire.
E che dire del veneratissimo maestro laico David Hume? Poliakov ci ricorda certi suoi passi: “sono portato a sospettare che i Negri e in generale tutte le altre specie umane sono per natura inferiori ai bianchi”.
Stupefacenti poi le pagine del maestro della modernità, Hegel: “Il negro rappresenta l’uomo naturale in tutta la sua barbarie; bisogna compiere un’astrazione di tutto rispetto e moralmente elevata se si vuol comprenderlo; non si può trovare niente nel suo carattere che ricordi l’uomo”.
Ma sentiamo ancora Poliakov sui due autori del “Manifesto del partito comunista”.
“Per Engels come per Marx, era inteso che la razza bianca, portatrice del progresso, era più dotata delle altre razze.
Nella ‘Dialettica della natura’ per esempio, Engels scriveva che ‘selvaggi inferiori’ potevano ripiombare in ‘uno stato abbastanza vicino a quello dell’animale’; più avanti un ragionamento più preciso gli faceva concludere che i Negri erano congenitamente incapaci di capire la matematica”.
Per quanto riguarda “il pensiero di Marx” osserva Poliakov “restava influenzato dalle gerarchie germanomani”, si rifaceva all’ “idea dell’influenza del suolo” di Trémaux, un “determinismo geo-razziale, che fondava agli occhi di Marx l’inferiorità dei Negri e dei Russi”.
Per non dire poi della sua prevenzione verso gli ebrei (pur essendo lui stesso ebreo).
“Nel suo scritto ‘La questione ebraica’, questa intolleranza era ancora velata dalla dialettica hegeliana; ma nel ritratto che egli faceva del suo amico e rivale Ferdinand Lassale” scrive Poliakov “tutti i pregiudizi e tutti i furori del razzismo volgare sembravano essersi dati appuntamento”.
Ecco cosa scriveva Marx: “Vedo ora chiaramente che egli discende, come mostrano la forma della sua testa e la sua capigliatura, dai Negri che si sono congiunti agli Ebrei al tempo della fuga dall’Egitto (a meno che non siano sua madre o sua nonna paterna che si sono incrociate con un negro)… L’importunità dell’uomo è altresì negroide”.
Non sarebbe il caso, per il “pensiero progressista”, di fare una “piccola” revisione culturale?