Posté par atempodiblog le 10 juin 2008
La sofferenza è il tesoro più grande che ci sia sulla terra. Essa purifica l’anima. Nella sofferenza conosciamo chi ci è veramente amico. Il vero amore si misura col termometro della sofferenza. Gesù, Ti ringrazio per le piccole croci quotidiane, per le contrarietà che incontro nelle mie iniziative, per il peso della vita comunitaria, per l’interpretazione distorta delle mie intenzioni, per le umiliazioni che provengono dagli altri, per il comportamento aspro verso di noi, per i sospetti ingiusti, per la salute cagionevole e per le forze che vengono meno, per il ripudio della mia volontà, per l’annientamento del proprio io, per il mancato riconoscimento in tutto, per gli impedimenti posti a tutti i miei progetti.
Ti ringrazio, Gesù, per le sofferenze interiori, per l’aridità dello spirito, per le paure, i timori e i dubbi, per il buio fitto e le tenebre interiori, per le tentazioni e le diverse prove, per le angosce che è difficile descrivere, e soprattutto per quelle in cui nessuno ci capisce, per l’ora della morte, per la dura lotta che la precede e per tutta la sua amarezza. Ti ringrazio, Gesù, che hai bevuto il calice dell’amarezza, prima di porgerlo a me raddolcito. Ecco, ho accostato le mie labbra al calice della Tua santa volontà.
Avvenga di me secondo il Tuo volere; avvenga di me ciò che ha stabilito la Tua sapienza fin dall’eternità. Desidero bere fino all’ultima stilla il calice della predestinazione, non voglio indagare su questa predestinazione, nell’amarezza c’è la mia gioia, nella disperazione la mia fiducia. In Te, o Signore, quello che ci da il Tuo Cuore paterno è tutto buono; non preferisco le gioie alle amarezze, né le amarezze alle gioie, ma Ti ringrazio di tutto, o Gesù. La mia delizia consiste nello stare a contemplarTi, o Dio incomprensibile. E in un’esistenza misteriosa che si aggira il mio spirito, poiché è là che sento di essere a casa mia. Conosco bene la dimora del mio Sposo. Sento che in me non c’è nemmeno una goccia di sangue che non arda d’amore per Te. Bellezza eterna, chi Ti conosce una sola volta, non può più amare nessun’altra cosa. Sento la voragine insondabile della mia anima, e che niente può colmarla, all’infuori di Dio. Sento che sprofondo in Lui, come un granellino di sabbia in un oceano senza fondo.
Santa Faustina Kowalska
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Posté par atempodiblog le 10 juin 2008
Dio ha un progetto specifico su ciascuna persona che è unica, irripetibile e ha i propri specifici doni che vanno scoperti e valorizzati per percorrere la propria vocazione alla santità
COME IMPOSTARE LA PROPRIA VITA – La santità è la vera realizzazione di noi stessi: Dio ci ha creati per essere in Cristo e riflettere un grado della sua santità. Ognuno ha una sua specifica santità da realizzare (in famiglia, sul lavoro, nella vita consacrata) e ogni santo riflette in modo unico la santità di Dio. Il modo corretto di impostare la vita è dunque quello di capire il disegno di Dio e come realizzarlo. Dio parla al cuore in preghiera e rivela il suo progetto paso dopo passo. La domanda di fondo che ognuno deve porsi non è dunque « cosa voglio fare della mia vita » ma scoprire giorno dopo giorno qual è il progetto di Dio su noi stessi. La vita infatti si realizza quando noi abbiamo realizzato ciò che Dio voleva che noi facessimo. In realtà sono poche le anime che seguono questo percorso, la maggior parte delle anime sbanda o trascorre la vita in un modo improduttivo. Nonostante ciò, Dio a qualsiasi età dà la possibilità di riprendere il cammino e di raggiungere la santità, anche in breve tempo. La conversione rappresenta proprio quel momento di ritorno della persona sulla strada maestra della propria vita.
IN COSA CONSISTE LA SANTITÀ – Il grado di santità consiste nell’amore per Dio e nel donare agli altri questo amore che Dio dà a noi stessi e che noi accogliamo nel nostro cuore. La misura della santità non sta dunque nei carismi ma nella misura di amore di Dio che ognuno accoglie nel proprio cuore. L’amore di Dio infatti non lo si merita, ma lo si chiede nella preghiera, quindi si deve poi corrispondere a questa grazia aprendo il proprio cuore per poterlo accogliere in noi. Questo processo di conversione può portare alla santità anche in breve tempo, come è accaduto per grandi santi come Sant’Agostino e San Paolo, o addirittura in tempi brevissimi, come nel caso del buon ladrone, crocifisso accanto Gesù, che è stato toccato dalla divina misericordia in punto di morte e che oggi è addirittura venerato come Santo dalla Chiesa Prientale.
LE CHIAMATE DI DIO – Le chiamate di Dio nel corso della vita possono essere molte, e di diverso tipo, e possono avvenire in molti modi. Noi dobbiamo essere sempre attenti alle sue chiamate e pronti ad accoglierle. Le chiamate a volte posono essere molto impegnative o dolorose da portare avanti: in questo modo Dio plasma la vita di ogni persona e ne fa un autentico capolavoro. Raramente infatti Dio mostra la strada per intero, generalmente Dio conduce la persona conduce passo per passo, così come una madre guida il proprio bambino: avanzando così si avanza nel cammino di fede e volgendo lo sguardo al proprio passato si nota come Dio abbia tessuto in ogni singola vita un ricamo meraviglioso. La vita si distrugge solo quando si perde la fede. Si può perdere tutto, la salute, l’amore, il prestigio, la ricchezza, ma la più grave sconfitta consiste nella perdita di Dio. «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,33).
PER APPROFONDIRE
Come si proclama la santità
Per aprire una causa di beatificazione ordinariamente devono trascorrere almeno cinque anni dalla morte di una figura morta in fama di santità. È il vescovo diocesano che, ottenuto il «nulla osta» dalla Congregazione delle cause dei santi, apre il processo: da quel momento il candidato viene definito servo di Dio. Terminata la ricognizione diocesana le conclusioni sono trasmesse alla Congregazione vaticana. E qui l’iter si differenzia a seconda che il candidato agli altari sia un martire o un confessore (cioè un cristiano che ha vissuto esemplarmente senza però essere ucciso a causa del Vangelo). Nel caso del martire la sua testimonianza è considerata dalla Chiesa talmente forte che, se la sua morte è giudicata da una commissione di esperti motivata dall’annuncio del Vangelo, viene direttamente sottoposta al Papa che può direttamente proclamarlo beato. Il martire salta così il passaggio del miracolo, il fatto straordinario compiuto per sua intercessione, richiesto invece per i confessori. Per accedere invece alla canonizzazione, ed essere così proclamato santo, anche per i martiri deve essere riconosciuta l’esistenza di un miracolo.
Tratto da: Holy Queen
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Posté par atempodiblog le 10 juin 2008
Scoperta la prima chiesa cristiana
di Andrea Tornielli – Il Giornale
L’annuncio, piuttosto roboante, è apparso ieri sul quotidiano Jordan Times: a Rihab, in Giordania, in un piccolo villaggio a quaranta chilometri dalla capitale Amman, sarebbe stata trovata la «prima chiesa al mondo». La chiesa più antica tra quelle conosciute, l’archetipo del luogo di culto cristiano. Se fosse vero, si tratterebbe di una scoperta davvero sensazionale.
A rivelare il presunto ritrovamento è stato Abdul Qader Hussan, capo del Rihab Centre of Archeological Studies, che da diversi anni dirige le ricerche nel villaggio di Rihab. Nel corso degli scavi sotto la chiesa di San Giorgio, infatti, è stata ritrovata una grotta che lo studioso giordano si è affrettato a identificare non soltanto come una chiesa, ma addirittura come «la prima chiesa al mondo», datata, a suo dire «fra il 33 e il 70 dopo Cristo». Datazione precoce, se non precocissima, dato che attorno al 33 dopo Cristo è fissata la passione, morte e resurrezione di Gesù e i pochi discepoli che allora lo seguivano non hanno certo per prima cosa realizzato «chiese».
Lo studioso giordano, comunque, non sembra essere sfiorato dal dubbio. Crediamo che questo luogo – ha spiegato Hussan al Jordan Times – abbia protetto il primi cristiani, i settanta discepoli di Gesù Cristo, che hanno lasciato Gerusalemme al momento della persecuzione e si sono rifugiati nel nord della Giordania». Un riferimento ai «Settanta discepoli amati da Dio» si trova in un mosaico della chiesa superiore, che l’archeologo ritiene sia stata costruita nel 230 dopo Cristo.
Abdul Qader Hussan ha aggiunto che gli scavi hanno portato alla luce «porcellane e oggetti di terracotta datati fra il III e il VII secolo». Scendendo di qualche gradino sotto la chiesa di San Giorgio, ha raccontato, «ci si trova davanti a un’area circolare, che crediamo sia un’abside, e diverse sedute di pietra per gli ecclesiastici». Nella sala sotterranea si è trovato un muro che separava la zona dove i primi cristiani vivevano dalla zona dell’altare dedicata al culto. È stato ritrovato anche un tunnel che si ritiene abbia permesso ai cristiani che sarebbero stati qui nascosti di «approvvigionarsi d’acqua».
Secondo l’archimandrita Nektarius, vicario vescovile dell’arcidiocesi greco-ortodossa, la scoperta «rappresenta un’importante pietra miliare per i cristiani di tutto il mondo. L’altra grotta simile si trova a Thessalonica, in Grecia».
Il ministero del Turismo della Giordania, com’era prevedibile, ha già annunciato di voler valorizzare al massimo la scoperta archeologica, promuovendola come attrazione turistica. In Giordania si trovano numerosissimi siti archeologici cristiani di eccezionale valore. Con tutta probabilità è qui – e non nella parte israeliana – che si trova il vero luogo del battesimo di Gesù descritto nel vangelo, identificato con Betania oltre il fiume Giordano. Nel villaggio di Rihab sono state scoperte negli ultimi decenni numerose chiese antiche.
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