C’è un altro mondo
Posté par atempodiblog le 30 mai 2008
La vita dei bambini e dei ragazzi di oggi si svolge spesso in un bozzolo di beatitudine materiale e, in molti casi, di ebetudine spirituale. I loro orizzonti sono limitati, soprattutto perché lo sono quelli dei loro genitori e dei loro educatori. Le dimensioni spirituali della vita sono molto raramente prese in considerazione come tali. Il benessere che la nostra cultura cerca è soprattutto quello materiale: una specie di seduzione che incatena l’uomo alle cose meno importanti, se non addirittura spregevoli. Una seduzione che ieri agiva essenzialmente su certe classi privilegiate, oggi su tutti. Le giovani generazioni si affacciano così alla vita con un grande senso di vuoto interiore. Un vuoto che spesso tentano di riempire con una sempre più precoce serie di esperienze e brividi emozionali. Esiste una diffusa domanda di « religiosità » che non viene soddisfatta dalla nostra cultura che potremmo definire « malata d’anima». La pedagogia religiosa stessa corre il rischio di non trovare, soprattutto nei bambini e nei ragazzi, punti di ancoraggio reali. Vengono a mancare quelle che sono le « basi » della religiosità, soprattutto il rapporto dell’uomo con la trascendenza.
Per molti ragazzi la trascendenza è una dimensione inesistente, soprattutto perché completamente dimenticata dalle principali agenzie educative. Educare alla dimensione « religiosità » è invece un compito ineliminabile di una educazione integrale e umana.
Il coraggio di Giantarlo
In una trave dell’armatura di un vecchio e massiccio fienile viveva una comunità di tarli. La loro vita consisteva nel rosicchiare, rosicchiare e ancora rosicchiare. Se non rosicchiavano dormivano e questo era tutto.
In passato erano stati i loro genitori a fare la loro opera di rosicchiamento nella trave e, ancor prima di loro, i nonni e i bisnonni e i genitori dei bisnonni. Insomma tutti gli antenati di quei tarli non avevano fatto altro che rosicchiare quella trave e si erano potuti così nutrire molto bene.
La via che conduce fuori
E’ facile immaginare che la vita di quei tarli non era particolarmente eccitante. La noia era rotta dalle storie raccontate da un vecchio tarlo che una volta aveva rosicchiato un libro di favole e dalle serate di ballo nelle feste di compleanno e onomastico. Anche dal punto di vista della gola, non accadeva un gran che. Di tanto in tanto uno dei tarli incappava in una vena di resina essiccata e allora per breve tempo c’era una varietà nella lista delle vivande. Ma la cosa accadeva di rado.
Un giorno, l’allegra compagnia dei tarli era seduta insieme a banchettare, cioè a rosicchiare la solita trave. Tra un boccone e l’altro conversavano sui vari tipi di legno della loro trave: quello che fa ingrassare, quello che dà acidità di stomaco, quello stagionato al punto giusto. I tarli non parlano d’altro che di legno o del campionato di scavo che si svolge tutti gli anni.
Ad un tratto però, il più anziano dei tarli sbottò: «C’è un mondo al di fuori della trave. Io conosco la via che conduce fuori. Una formica che incontrai una volta in una delle mie passeggiate, me l’ha descritta con esattezza».
«Macché!», disse un altro tarlo, «secondo me non c’è nessun mondo all’infuori di questo. Sono tutte fantasticherie! Il mondo è fatto di legno, ecco la realtà della vita, mio caro, ti piaccia o no».
Un altro tarlo ancora disse: «Eppure è possibile che ci sia qualche altra cosa all’infuori del legno. Io non lo escluderei, ma vi avverto: non pensateci troppo, può diventare pericoloso. Chi sa realmente che cosa c’è al di fuori del legno? Nessun tarlo può saperlo!».
Un altro tarlo borbottò, con la bocca piena: «A me non interessa. Fintanto che posso riempirmi a sazietà, mi sta bene tutto!».
Giantarlo era un tarlino giovane e vispo e quei discorsi lo interessarono subito. Dopo aver molto riflettuto, intervenne dicendo: «Chissà? Forse esistono altre specie di legno. Forse noi mangiamo il legno più scadente che c’è e non lo sappiamo. Forse nelle strette vicinanze c’è un legno dolce o che so io!».
Gli altri tarli scoppiarono a ridere. «Ma tu sei completamente impazzito!», dissero, e il tarlo più anziano aggiunse beffardamente: «Se sei così sicuro, va’ a vederti l’altro mondo! La via per arrivarci è semplicissima: basta che rosicchi sempre in direzione sud come mi indicò la formica. Va’! Nessuno ti trattiene!».
Gli altri tarli risero di nuovo, ma Giantarlo rispose fiero: «Non avete motivo di ridere! Io rischio! Per conto mio potete ammuffire qui!». E da quel momento si mise a rosicchiare in direzione sud.
Addio al vecchio mondo
Lavorava con zelo e s’immaginava l’altro mondo meraviglioso. Era persuaso che la trave non poteva essere «tutto il mondo». Tutti i tarli che lo incontravano però non facevano che sghignazzare.
Il papà e la mamma lo inseguirono preoccupati. «Figlio mio», scoppiò a piangere la madre, «ti ha dato di volta il cervello? Torna in te, rosicchia con noi in pace, come ti hanno insegnato tuo padre e tua madre, scava come i tuoi fratelli che ti vogliono tanto bene».
Giantarlo voleva bene ai suoi, ma era troppo sicuro di essere nel giusto per avere dei dubbi: abbracciò la madre, salutò il padre e i fratelli e continuò risolutamente a rosicchiare in direzione sud.
Il suo passaggio destò subito la sorpresa di un crocchio di tarle che da brave comari si erano radunate a far quattro chiacchiere in una galleria boutique molto chic.
«Guardate!», disse una. «Passa il tarlo che pensa di uscire dal trave».
«Non c’è più buon senso», disse un’altra.
«Con tutte le belle cose che ci sono da fare qui», ribadì un’altra.
«Ohibò, ohibò», disse una quarta.
Ma Giantarlo proseguì diritto per la sua strada.
In due si scava meglio
Ad un certo punto si sentì chiamare da un vecchio tarlo dall’espressione malinconica che se ne stava tutto solo in una vecchia galleria ingombra di detriti.
«Buon giorno», disse Giantarlo.
Il vecchio lo osservò a lungo, poi disse: «Cosa credi di fare? Anch’io, quando ero giovane, pensavo di andarmene dal trave per trovare un altro mondo e altro legno. Ma poi mi è mancato il coraggio ed ecco che cosa ci ho guadagnato: vivo tutto solo, e la gente pensa che sono matto. Fin che sei in tempo, da’ retta a me: rassegnati a fare come gli altri e un giorno mi ringrazierai del consiglio».
Giantarlo non sapeva cosa rispondere e stette zitto. Ma dentro di sé pensava: «Ho ragione io».
E salutato gentilmente il vecchio tarlo riprese fieramente il suo cammino.
Rosicchiò e rosicchiò, ma i travi sono grossi e i tarli sono piccoli.
Il tempo passava e Giantarlo trovava sempre e soltanto legno. Mille volte gli venne la tentazione di fermarsi, tornare indietro e comportarsi come tutti i tarli di questo mondo.
Una notte, rannicchiato nella galleria che stava scavando, spossato per la fatica, con le lacrime agli occhi, prese la grande decisione: «Basta! Non c’è nessun mondo al di là della trave. Tutto è legno e nient’altro! Domani tornerò indietro».
Proprio in quel momento un rumore sottile sottile, che ben conosceva, lo fece trasalire. Era il rumore di un tarlo che scavava a tutta forza.
Dopo un po’ lo vide arrivare. Era ansante, sudato, ma sorridente fino alla coda. «Finalmente ti ho raggiunto!», disse il nuovo arrivato. «Mi chiamo Piertarlo e voglio venire con te. Anch’io sono stufo della trave. Sono certo che c’è un altro mondo, fuori».
«Piacere!», rispose Giantarlo. E sentì che gli era tornato in cuore tutto il coraggio. «Domani scaveremo una galleria di esplorazione in quella direzione là. Sento che non manca molto alla meta».
Il coro degli angeli
In realtà mancavano ancora dieci centimetri abbondanti, perché la direzione sud non era la migliore per uscire dalla trave, ma la formica che aveva dato l’indicazione al vecchio tarlo non aveva mai capito niente di punti cardinali.
Non importava più molto. In due era tutto più facile. Se uno era stanco o sfiduciato, veniva confortato dall’altro. La fatica era divisa a metà, il coraggio invece raddoppiato.
Così un mattino dorato di settembre, Giantarlo e Piertarlo sbucarono fuori del trave. Per la prima volta videro il cielo azzurro e lo splendore del sole.
«Urrà!», gridarono all’unisono e si abbracciarono. Che cosa perdevano i tarli che pensavano che tutto il mondo fosse un trave!
L’aria tersa del loro nuovo mondo era percorsa da suoni incantevoli.
«E il coro degli angeli!», esclamò estasiato Giantarlo. «Ma va’!», brontolò una formica che transitava da quelle parti trascinando un pesante chicco di grano. «Sono i grilli. Mi fanno venire il mal di testa…».
Ma per i due tarli quel cri-cri era la musica più straordinaria che avessero mai sentito.Suggerimenti didattici
L’esperienza nascosta nel racconto
Le convinzioni dei tarli nella trave sono le convinzioni e i comportamenti di basso profilo ideale di molte persone del mondo attuale. L’orizzonte «reale» presentato dal sistema comunicativo in cui viviamo è schiacciato, unidimensionale. Televisione, giornali, pubblicità si disinteressano palesemente della trascendenza, riconducendo ogni problema nei limiti di uno sfrenato egocentrismo e di una intransigente affermazione del «sé».
Giantarlo è l’uomo che sente un potente impulso verso una dimensione diversa della vita e rinnega il servilismo acritico verso l’opinione prevalente. Il giovane tarlo sceglie un’autentica libertà, anche se questo implica un certo distacco, fatica e isolamento. Non si può uscire da se stessi, darsi con generosità, abbandonare il proprio guscio se non si è profondamente liberi. Liberi dagli idoli della possessività e dell’autoconservazione, liberi da indottrinamenti e da suggestioni, liberi dal ricatto e dalla paura.
L’arrivo di Piertarlo aggiunge un altro tratto significativo: tutto questo è più facile se condiviso con qualcuno. E’ l’esigenza di un gruppo, una comunità.
L’insegnante può spiegare agli allievi che lo scopo dell’ora di religione è proprio la ricerca di quell’altra dimensione, così spesso dimenticata da chi pensa che tutto consista nel «rosicchiare» e basta.
Per il dialogo
L’insegnante deve condurre gli allievi a percepire l’esperienza umana nascosta nel racconto. Lo può fare con qualche domanda:
- A che cosa vi fa pensare la vita dei tarli nel trave?
- Perché Giantarlo se ne va? Che cosa cerca?
- Perché gli altri tarli non lo seguono?
- Perché l’arrivo di Piertarlo infonde nuovo coraggio a Giantarlo?
- Avete avuto bisogno di coraggio qualche volta? Dove lo avete trovato?
Com’è il mondo al di là della trave?
Per l’attività
Divisi a gruppetti, i bambini devono cercare di rappresentare con disegni o collages il «mondo dei tarli» e «il mondo di Giantarlo». La rappresentazione migliore è quella classica del labirinto, con tante piste che portano agli ideali «correnti» del nostro mondo: automobili, case, poltrone di comando, divertimenti, ecc. Una pista sola, anche se complicata, porta fuori del labirinto, in un luogo dove sono rappresentati gli ideali dello spirito.
Anche la Bibbia racconta…
I profeti, gli apostoli e naturalmente Gesù Cristo hanno indicato agli uomini la via del «cielo», della vita secondo lo spirito. L’insegnante può leggere o raccontare la storia di Giovanni Battista.
tratto da: Bruno Ferrero, Tutte storie, Elledici 1989
Fonte: Elledici
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